Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

«Le aree sono tutte demaniali»

Fonte: La Nuova Sardegna
2 marzo 2011

Parla il comandante della Capitaneria che ha avviato la procedura di delimitazione dei confini pubblici 
 
 
Mastroianni: «Ora le terre sono nella disponibilità della comunità locale» 
 
 
 
 
ALESSANDRA SALLEMI 

CAGLIARI. Il 9 marzo ci sarà l’udienza al Tar che, di fatto, deciderà se sospendere o meno la demanializzazione delle aree del porto canale a ridosso della banchina. Dopo la protesta dei titolari di quattro terreni che devono diventar pubblici, parla il promotore della procedura.
Nei giorni scorsi i quattro imprenditori che comprarono terreni dal Casic proprio nella zona oggi di interesse demaniale, hanno spiegato che, secondo loro, la nuova delimitazione delle aree disposta dalla Capitaneria di porto è infondata. Richiesto di spiegazioni, il comandante Giuseppe Mastroianni finalmente accetta di raccontare storia e ragioni di una procedura, la quarta delimitazione, che proprio lui ha avviato ufficialmente il 24 giugno 2010. La delimitazione è un’attività che la legge assegna alla Capitaneria di porto: ha il dovere di avviarla, è il provvedimento che dà un confine esatto a terre già per loro natura demaniali, cioè pubbliche. Da questa precisazione discende la prima spiegazione offerta da Mastroianni: i terreni comprati dai quattro imprenditori privati sono «per loro natura» demaniali. La mappa del porto canale che dà conto di come la zona sia stata trasformata per scavare il fondale e costruire le banchine è più chiara delle parole: proprio in mezzo ai quattro terreni acquistati dalle società degli imprenditori Musso, Fradelloni, Cincotta e Biggio c’è scritto «ex stagno». Vuol dire che lì c’era l’acqua della laguna (l’acqua è demaniale) e che, per fare il porto canale, quella parte di stagno è stata interrata. Questo vale anche per la sponda opposta proprio a ridosso dell’avamporto (a ovest): lì c’erano le «saline vecchie de su Cuccuru». La delimitazione delle aree demaniali nel porto è stata fatta altre volte: nel 1997, nel 1999 e nel 2001, corrispondeva all’avanzamento dei lavori e quindi alla riconsegna che il Casic faceva delle opere realizzate. Nel 2003 venne avviata la quarta delimitazione, che doveva essere l’ultima. I quattro imprenditori privati sostengono che quella operazione venne finita ed escluse esplicitamente i terreni est e ovest a ridosso dell’avamporto, tra questi, i loro. Mastroianni è arrivato nel 2009: quella che oggi da alcuni viene presentata come la «delimitazione del 2003», nella realtà degli atti trovati dal comandante era «soltanto un verbale preliminare redatto dalla commissione dove, improvvidamente, si affermava che terreni sui quali batte il mare potessero non essere demanio. Si badi che secondo la legge - sottolinea Mastroianni - la terra battuta dal mare viene chiamata demanio necessario». C’è di più: il verbale arrivò al ministero delle Infrastrutture (era il gennaio 2003) e i dirigenti in neppure un mese spedirono un invito a rivedere tutto. «Così nell’aprile 2003 la procedura ricominciò - continua Mastroianni - la famosa commissione riprese a riunirsi e si è arrivati al 2010». Il comandante non ha trovato una delimitazione conclusa ma una procedura ancora in corso: bisognava chiuderla se non si voleva che, per esempio la Corte dei Conti, chiedesse conto per la mancata azione e quindi procedesse alla quantificazione di un non ipotetico danno erariale. Tornando alla delimitazione: com’è potuta durare sette anni? Mastroianni: «Il tempo è trascorso nell’acquisizione dei documenti che facessero capire cos’erano stati i terreni prima dei lavori». Il punto è: se la delimitazione non si era chiusa, com’è che il Casic nel frattempo ha venduto quattro terreni? Mastroianni: «Non lo so, bisogna chiederlo al Casic». Il Casic ricevette delega dallo Stato per fare ciò che serviva alla costruzione del porto canale: finito questo, non doveva restituire i terreni, anche quelli ora in discussione? «E’ in atti che il consorzio industriale agisse per conto dello Stato, la questione della restituzione delle aree collegata all’avanzamento dei lavori è seguita dall’organismo tecnico dello Stato, il provveditorato alle opere pubbliche, non ho altri elementi, mi risulta solo che siano in corso richieste di dati sull’esecuzione dei lavori. C’è qualcosa invece che vorrei precisare: la delimitazione non consegna i terreni alla gestione dello Stato, ma - sottolinea il comandante - li mette a disposizione della collettività locale che, attraverso il comitato portuale, dove sono presenti comuni, Regione, operatori portuali, fra i quali anche alcuni dei proprietari dei terreni contestati, ha approvato il piano regolatore con lo sviluppo delle attività portuali». Merci, logistica, cantieristica, in una parola: lavoro.

 

LA CONTESA
 
Il 9 marzo l’udienza al Tar
 

CAGLIARI. Il 9 marzo il Tar deve decidere sul ricorso presentato da due imprenditori (che hanno acquistato terreni vicino al porto canale) non contro la demanializzazione ma contro il «non accoglimento» da parte del ministero delle Infrastrutture dell’opposizione da parte degli imprenditori alla procedura di delimitazione. Quest’ultima è conclusa, è in corso infatti la registrazione. Se viene concessa la sospensiva, comunque si blocca la delimitazione. La delimitazione (fatta dalla Capitaneria) è necessaria per dare corso alle previsioni del piano regolatore il quale, nella cosiddetta zonizzazione, dice cosa deve essere fatto in ciascuna delle terre diventate demaniali. Cosa dovranno fare gli imprenditori per lavorarci? Gare pubbliche.