Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Zedda: «Sono pronto a sfidare i poteri che sembrano forti»

Fonte: La Nuova Sardegna
1 febbraio 2011

Sogno che questa città si svegli da quel letargo che la imprigiona da decenni Giovani e meno giovani insieme possiamo farcela
CAGLIARI. Cita Giulio Cesare (De bello gallico), conosce a memoria ciascun risultato elettorale comunale, con tutti gli incroci possibili, degli ultimi dieci anni, ha una rete di relazioni amicali diffusa sul territorio e tra le diverse tipologie di elettorato. Politico di professione? «Non mi sono laureato perchè ho dovuto lavorare, e da quando sono consigliere regionale mi dedico totalmente a questo incarico. Sono un uomo delle istituzioni, ma non sono un politicante». Il giorno dopo la vittoria su Antonello Cabras e su quello che rimane del Pd cittadino, per Massimo Zedda è tempo di esami e verifiche. La campagna elettorale sarà lunga e ricca di colpi bassi, ma a Zedda non manca l’entusiasmo. Lo stesso che sta contagiando i suoi.
Liceo classico, giurisprudenza quasi completata, precario nello spettacolo e nel turismo, e poi una passionaccia per la politica ereditata dal padre Paolo, dirigente del vecchio Pci tanto stimato dalla base quanto avversato dall’apparato. Chi si aspetta il rivoluzionario scavezzacollo, uso alle kefiah e alle vecchie logiche rimarrà deluso. Zedda si presenta bene la cravatta non è per lui un cilicio. Sogna una città normale, pulita, ordinata e a misura di tutti, e non di pochi. Un Vendola in sedicesimo, ma senza gli eccessi lirici del suo segretario.
«Sono moderato, ma non amo il moderatismo. Amo le sfide, sogno che la città si svegli dal letargo che la imprigiona; per questo mi rivolgo a tutti, ai giovani e ai meno giovani: insieme possiamo farcela». Il trentacinque Zedda usa parole come speranza, cambiamento, bisogni reali, e non ha paura di confrontarsi con il suo avversario più accreditato, Massimo Fantola. «Un riformatore che non ha mai riformato alcunché. È un cagliaritano doc? E io sono un cagliaritano e basta, che conosce questa città dal profondo, quartiere per quartiere, e non ha paura di sfidare i poteri che sembrano forti. Dalla nostra abbiamo una risorsa unica: l’entusiasmo. E con quella possiamo realizzare sogni sino a ieri impossibili».
- Si aspettava questo risultato?
«Sì. Abbiamo lavorato a fondo, con una squadra di giovani volontari e volenterosi. E quando vedi perfetti sconosciuti che si avvicinano e ti chiedono notizie sul programma e sono curiosi sulla tua persona, beh, allora qualcosa sta per succedere. E il meccanismo che si è innestato ha portato al risultato finale. Non è Cabras ad aver perso, siamo noi, tutti noi, ad aver indicato una volontà di cambiamento, dentro al centrosinistra e nella città».
- La partecipazione a questa tornata di primarie non è stata elevata. Il Pd stesso si aspettava tra 8 e 10mila votanti. La sua non è una vittoria dimezzata?
«Se si guarda alle primarie che si sono svolte negli ultimi anni, quando la coalizione di centrosinistra era composta da partiti più numerosi e più corposi, vediamo che il dato di domenica è superiore alle aspettative. Cagliari è una città dove il primo partito di gran lunga è l’astensionismo, dove due residenti su tre dicono che non andranno a votare. Quasi seimila persone che escono una domenica da casa per esprimere la loro preferenza sul candidato sindaco non sono pochi. Semmai sono la dimostrazione che questa città vuole cambiare, a dispetto degli elefanti della politica, dei soliti nomi e di apparati di partiti autoreferenziali. Quando si andrà a vedere la composizione sociale e anagrafica dei partecipanti alle primarie, si scoprirà che l’equazione banale, “i giovani hanno votato Zedda, i meno giovani Cabras” non regge, ed è falsa. Il voto a chi ha vinto è stato trasversale; un ulteriore elemento che ci fa ben sperare. Non sono stato scelto da una sola parte dell’elettorato del centrosinistra».
- Vince il candidato di Sel, perde il big del Pd. Si aspetta un sostegno convinto e diffuso dal maggiore partito del centro-sinistra?
«La dichiarazione di Cabras a scrutinio concluso è inequivocabile. Non mi aspetto sgambetti da nessuno dei partiti della coalizione. So che saranno leali come lo saremmo stati noi se avesse vinto Cabras. Si vince o si perde tutti insieme, e noi vogliamo vincere. Su questo nessun dubbio».
- Una campagna elettorale, la vostra, in salita. Il centrosinistra, e ancora più la sinistra, a Cagliari è sempre stato debole. Vi accuseranno di essere radicali e massimalisti, di non saper interpretare l’anima moderata e conservatrice della città.
«Se lo credono, meglio così. I numeri, se uno li sa leggere, dicono che a Cagliari dal 2004 a oggi il centrosinistra non ha mai perso per più di tremila voti rispetto al centrodestra. Vogliono un esempio? Nel 2005 alle provinciali, in città, il senatore Delogu, sindaco per nove anni, non ha conquistato un voto in più dell’allora sindaco di Quartu Sant’Elena Milia. Alle ultime politiche e alle regionali del 2009 i due schieramenti si sono in pratica equivalsi. Noi, come loro, per vincere, dobbiamo conquistare gli elettori che non vogliono andare a votare e che per farlo devono ricevere una motivazione in più, una speranza, una visione della città forte e originale. Noi l’abbiamo. Loro, a prescindere dal candidato, no, a meno che non vogliamo fermarci agli slogan come “Cagliari capitale del Mediterraneo”».
- I primi punti qualificanti del vostro programma.
«Siamo convinti che gli enti locali, anche se il governo Berlusconi sta strozzando i loro bilanci, possono ancora incidere nel sistema della produzione, possono essere volano per creare posti di lavoro. È questo il vero tema, a cui si accompagnano esigenze vere: perché dobbiamo pagare la Tarsu più degli altri? Perché l’appalto per la differenziata è una telenovela senza fine? Perchè non si riesce a ridurre l’impatto delle auto in centro? Queste non sono domande ideologiche, e le risposte non hanno colore. Aggiustare i marciapiedi nelle periferie e non solo in centro non è una risposta ideologica a un problema normale, è una risposta di buon senso e doverosa per coloro che abitano nelle aree dimenticate da questa amministrazione».
- Cosa vi manca ancora per vincere?
- Le primarie non sono le elezioni vere. Adesso la partita è vera, e in campo oltre alla passione e alla forza dei programmi bisogna mettere tante energie. Il centrosinistra è pronto: conosciamo i nostri avversari, che rispettiamo totalmente, sappiamo quali sono le loro debolezze, sappiamo che sono convinti di vincere. Lo credano pure: vincere da perdenti è il miglior risultato. Per dare nuovamente speranza a questa città dobbiamo fare ancora di più: dobbiamo presentarci con candidature inappuntabili, accompagnate da una partecipazione sincera e da una coesione sentiti dei partiti della coalizione, e soprattutto dobbiamo far sentire la voce dei tanti cagliaritani che vivono e lavorano qui e che non sono rappresentati da chi li governa».
- Quanto spenderete per questa campagna?
«Il meno possibile. È di cattivo gusto parlare di soldi per una competizione elettorale, soprattutto ora. Sarebbe uno schiaffo agli elettori».
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