Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

I precari della tenda rifiutano il lavoro

Fonte: L'Unione Sarda
18 gennaio 2011

Un gruppo di ex dipendenti comunali occupò i portici di via Roma: ora c'è chi rifiuta di partecipare al «servizio civico»
Dopo la protesta, alcuni dicono no a 800 euro al mese
Il progetto del Comune dà lavoro a circa 200 persone. Le mansioni: pulire le strade e i cimiteri, svolgere il servizio di guardiania nei centri culturali d'arte e nei centri sociali.
Hanno passato sei mesi dentro una tenda, sotto il Municipio. Pure Natale e Capodanno, anche quando la città andava sotto zero loro erano sempre lì, a chiedere «un lavoro». Quello dei 47 precari del Comune è stato un vero braccio di ferro, senza esclusione di colpi (alcuni vennero bloccati con la forza dai vigili urbani mentre cercavano di occupare l'aula consiliare), una delle lotte più aspre che si ricordino in via Roma e dintorni. E ora che i precari hanno ottenuto quello che volevano, cioè un lavoro nelle cooperative che si occupano di pulizia delle strade, custodia dei centri culturali della città e dei centri sociali, piccola manutenzione dei cimiteri, qualcuno si tira indietro. Su circa 200 persone, che partecipano ai programmi gestiti dall'assessorato alle Politiche sociali, in 28 (tre sono quelli che occuparono i portici di Palazzo Bacaredda) hanno declinato l'offerta, che prevedeva un «contributo» economico tra i 700 e gli 800 euro al mese per lavorare 20 ore alla settimana.
LO SCONTRO I motivi del rifiuto? Tanti. E tra quelli che hanno preferito rimanere a casa, magari con un altro sussidio, c'è addirittura chi ha affrontato a muso duro l'assessore Anselmo Piras: «Una donna, che faceva parte del gruppo dei precari che hanno vissuto per mesi sotto il Comune, qualche giorno fa mi ha minacciato perché era stata inserita nell'elenco. Evidentemente in mezzo a tanta gente che vuole lavorare, c'è chi preferisce stare a casa, magari con altri sussidi. Fortunatamente, però, abbiamo ricevuto altre domande e siamo riusciti a sostituire queste persone che hanno rinunciato, a cui evidentemente bastano gli altri aiuti».
IL LAVORO Al momento il suo assessorato coordina due progetti molto simili tra loro: l'assunzione dei 47 precari e di altre 150 persone che svolgono «servizio civico» in 8 cooperative di tipo B, cioè quelle per «l'inserimento lavorativo».
Circa quattro ore di lavoro al giorno: per il gruppo della “tenda” è previsto un sussidio di 711 euro più il pagamento dei contributi, per gli altri (scelti con un bando pubblico al quale hanno partecipato 775 persone) un contributo economico di 800 euro.
PULIZIA DELLE PIAZZE Le mansioni sono più o meno le stesse: c'è chi si occupa della pulizia delle strade e delle piazze; chi è addetto alla custodia dei centri d'arte comunali, quelli per gli anziani e i centri sociali; qualcun altro si occupa di tenere in ordine i percorsi che portano agli ascensori di Castello.
Eppure tre persone del primo progetto e ben 25 del secondo hanno rifiutato di prendere servizio. Una scelta che fa dire a Piras: «Rimango profondamente deluso di fronte a queste cose. Lavoriamo tutti i giorni per migliorare i servizi sociali e questo è un esempio: si inseriscono nel mondo del lavoro delle persone che hanno difficoltà. E sapere che qualcuno si è rifiutato di lavorare fa male».
«SONO SCELTE DA CAPIRE» I 28 «no» sono stati sostituiti con altre persone che hanno partecipato al bando dell'assessorato: le graduatorie sono state compilate tenendo conto degli anni di disoccupazione di ognuno, del reddito, della composizione familiare. Ed è proprio su questi aspetti che mette l'accento la dirigente dell'area Servizi al cittadino Ada Lai per spiegare il rifiuto di alcuni: «Dobbiamo tener conto del fatto che molti di loro non hanno mai lavorato. Dunque potrebbero non avere la giusta consapevolezza di queste scelte. Sono persone a cui la vita ha tolto molto e in certe condizioni diventa difficile lavorare o mantenere un posto di lavoro».
I MOTIVI Insomma: in mezzo alle persone che avrebbero dovuto partecipare ai programmi di inserimento lavorativo, c'erano anche persone ormai «disabituate» al lavoro. «Purtroppo alcuni non avevano neanche i vestiti per andare a lavorare», dice Lai, che conclude: «Quella del rifiuto è una scelta che va compresa, ovviamente facendo tutte queste premesse. Ci sono persone che soffrono di stati depressivi molto forti, disagi familiari pesanti che rendono più difficile l'approccio con il mondo del lavoro».
Il sindacalista della Cgil Luca Locci, che seguì la vicenda dei precari, spiega: «Chi ha rifiutato ha diritto a un assegno di disoccupazione di circa 900 euro. Aderendo a questo progetto avrebbero guadagnato di meno e così hanno scelto di lasciare il posto ad altre persone».
MICHELE RUFFI

18/01/2011