Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Cagliari e il Cagliari salutano Arrica

Fonte: L'Unione Sarda
14 gennaio 2011

Nella basilica di Bonaria i funerali dell'ex dirigente sportivo: folla di amici e familiari

L'addio dei “ragazzi dello scudetto” e della squadra attuale

Il ricordo durante l'omelia: «Il primo a complimentarsi per lo scudetto fu Paolo VI».
«Siete tanti quanti eravamo qui per la messa di Natale». Poche parole, pronunciate nel corso dell'omelia da monsignor Piergiuliano Tiddia, che testimoniano l'affetto della città nei confronti di Andrea Arrica. La basilica di Bonaria è gremita come capita solo nelle grandi occasioni. E l'ultimo saluto all'artefice del miracolo sportivo, la conquista dello scudetto nel 1970, è appunto una grande, per quanto triste, occasione.
I “RAGAZZI” DEL '70 Non possono mancare i protagonisti di quell'impresa: da Gigi Riva a Tomasini, passando per Martiradonna, Brugnera, Greatti, Poli, Reginato, quegli ex rossoblù che vivono a Cagliari si sono ritrovati nella basilica. Non arrivati, per una ragione o per l'altra, quelli che risiedono nella Penisola. Ad accomunarli quel commovente cuscino, con rose rosse e blu che formano un cuore, piazzato sul retro dell'auto che trasporta il feretro: “I tuoi ragazzi dello scudetto”. “Ragazzi” molto tristi: Greatti, il regista di quella squadra, toccato come non mai, non riesce a parlare.
IL RICORDO Ci riesce, invece, Gigi Riva. «Arrivai», racconta, «quando ero un ragazzino di 17 anni. Arrica mi fece da fratello maggiore». E anche da maestro di vita. «È l'emblema di quel calcio che non c'è più, di quel calcio in cui bastava una stretta di mano». Un concetto condiviso anche da Tomasini. «Il più grande general manager di quegli anni e, forse, lo sarebbe stato anche adesso. Provo un dolore immenso anche perché continuavo a vederlo: spesso passava a trovarmi al distributore». Il coro è generale. «È stato lui l'artefice di quello scudetto», afferma Martiradonna.
GLI EX ROSSOBLÙ I protagonisti di quell'epica cavalcata. Ma anche rossoblù dei tempi successivi. Come Quagliozzi o Gigi Piras. «Fu Arrica», afferma l'ex attaccante, «a portarmi dal Selargius al Cagliari. Ebbe coraggio a credere in me: in quegli anni, la vita per un calciatore con gli occhiali non era facile. Se mi sono affermato lo devo a lui».
LA SQUADRA ATTUALE A tributare l'omaggio ad Arrica anche l'intero staff del Cagliari attuale, dai dirigenti a Donadoni, ai giocatori (compreso Marchetti che, pur separato in squadra, è con la squadra). Del Cagliari è anche una delle corone più vistose (un'altra è della famiglia Moratti). Non manca il presidente Massimo Cellino. All'uscita, davanti ai cronisti, chiama Mariano Delogu: «Vieni qui, siamo noi i suoi veri amici». Anche le riflessioni di Cellino sono commosse. «Era un punto di riferimento e lo è diventato ancora di più dopo la morte di mio padre. Ma, rispetto a lui che era severo, Arrica era, invece, un ragazzino: con lui si poteva andare a mangiare una pizza e, magari, dopo in discoteca». Nelle riflessioni di Cellino non c'è posto per il calcio. «Anche se il mio ricordo», interviene Delogu, «è legato al calcio: ci conosciamo dai tempi dell'università. Ci siamo sempre incontrati nella nostra vita: già nel '68, ho avuto a che fare con lui perché allora ero un cronista sportivo». Il calcio cagliaritano è sempre stato targato Arrica. «Mi nominò», ricorda Carlo Porceddu, «responsabile della sicurezza di Italia '90. Alla fine, le cose andarono bene. “Vuol dire che ho scelto bene”, mi disse».
LA CITTÀ È una gara a ricordare quello che fece Arrica. L'eco arriva anche dall'altare. Monsignor Tiddia dice che non è suo compito fare commemorazioni civili ma «il primo a congratularsi per quell'impresa sportivo fu papa Paolo VI». Una città intorno ad Arrica: non mancano i politici, gli imprenditori, gli amici. E anche il sindaco Emilio Floris (che indossa la fascia tricolore), pur non essendo sportivo, ricorda l'impresa di Arrica. «Ci ha fatto vivere momenti indimenticabili». Lui ricorda l'ex dirigente sul piano umano. «Mai superbo e incapace di assumere maschere: era sempre se stesso».
MARCELLO COCCO

14/01/2011