Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Il flamenco è passione, la chitarra di De Lucia guida la magica danza

Fonte: La Nuova Sardegna
23 novembre 2010





Al Comunale due ore di uno straordinario spettacolo tra ritmi infuocati e suoni da sogno Il convincente set del catalano Aiza che fa incontrare l’hip hop e il jazz

WALTER PORCEDDA

CAGLIARI. Passione flamenca. Quella che per incantesimo ha preso domenica sera migliaia di persone in fila e trepida attesa davanti alle porte del Comunale, impazienti che aprissero. E poi volare dentro. Per finire conquistate e avvolte per due ore circa in un vortice fatto di musica e gesti, battiti di mani, palmas, passi repentini di una potente danza macha. Suoni e visioni per il cuore e gli occhi che rendono esplicito quanto non si può raccontare a parole. Come i demoni che si impadroniscono del corpo del ballerino Farruco, giovane e ultimo rampollo della dinastia dei Montoya e lo spingono ad agitarsi in un danza ai confini tra riti di possessione e magia, le cui origini more e gitane sono disperse nel buio della notte dei tempi, tra l’Africa e la Spagna. Arenatesi nel triangolo d’oro di Siviglia, Jerez e Cadice. È dalla provincia di quest’ultima, ad Algesiras, che nasce un giorno di dicembre del 1947 Paco De Lucia - ospite domenica dell’European Jazz Expò - figlio d’arte toccato dalla nobile arte del flamenco. Quattordicenne, dopo essere stato iniziato allo strumento dal padre, anch’egli chitarrista, si trova catapultato al di là dell’Oceano al seguito della troupe del celebre danzatore Josè Greco, un anno in giro per gli Stati Uniti. Assieme al fratello Pepe è poi titolare del duo Los Chiquitos de Algeciras, avviato a una carriera vagabonda in lungo e in largo per il mondo. Sempre a suonare il flamenco ma anche a conoscere il jazz, il rock... da Chick Corea a Larry Corryel, e poi McLaughin e Di Meola con i quali incide il leggendario «Friday Night in San Francisco» che ha venduto milioni di copie. Ma anche la lunga collaborazione con il cantante indimenticabile Camaròn de La Isla...
Ora, dopo mezzo secolo di attività, Paco De Lucia sembra voler chiudere un cerchio, prima di altre ripartenze. Come ha mostrato proprio l’acclamato spettacolo di domenica. Numerose, infatti, le chiamate e gli applausi a scena aperta di un trionfo segnato (purtroppo) anche dalle centinaia di flash che ne hanno accompagnato l’esibizione. A significare che il flamenco, grazie al suo geniale profeta, è diventate ormai patrimonio popolare.
Il flamenco appunto. Quando De Lucia lo accoglie nelle sue braccia è quasi spento. Sul punto di finire al museo della musica (parole del chitarrista). Ebbene, De Lucia progressivamente lo innova mettendolo a contatto con il jazz, prendendone in un percorso a ritroso l’improvvisazione (il jazz aveva già omaggiato il flamenco in «Sketches of Spain» di Miles Davis o in «My Spanish Heart» di Corea) e lo immerge nel rock. Introduce il peruviano “cajòn” (la tavoletta di legno oggi utilizzata da tutti i flamenchisti) e inserisce anche l’armonica a bocca (domenica suonata divinamente da Antonio Serrano). Virtuoso, certamente (le sue dita hanno una velocità supersonica) ma anche geniale innovatore e inventore di melodia. Ecco così lo show visto dal vivo che restituisce onore alle radici ma inserisce il flamenco con dignità d’arte dentro evoluzione continua. C’è il passato e il presente (e anche il futuro) nei canti di Duquende e De Jacoba, le percussioni di Pirahna, il basso di Perez, la stupenda seconda chitarra di Josele. Uno show che partito in solo con alcune “falsetas” e poi sviluppatosi mirabilmente attraverso «Callejon del Muro», «Antonia», «Soniquete», «Cancion de Amor», «Convite», «Luzia» «Zyrab» e il bis «Entre dos aguas».
Ancora Spagna protagonista del primo set all’Auditorium con il gruppo del drummer catalano Marc Ayza che avvicina il jazz all’hip hop con soluzioni assolutamente originali e convincenti per mood espressivi e raffinate strategie compositive. Da «Offering» title track del disco a «Sister in love», «So far to go» e «Ego dance», un concerto trascinante di ritmi, samples del dj Helios, swing (il pianista Franco Piccinno) contrappuntate al basso da Tom Warburton e cantate dall’efficace rapper Core Rhythm.