Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

«Aree abbandonate, e noi interveniamo»

Fonte: La Nuova Sardegna
19 ottobre 2010



L’assessore Campus difende il suo Piano del Verde e rilancia



A Su Stangioni si vuole esportare lo stesso modello: è il cemento a governare tutti gli spazi disponibili

ENRICO PAU
CAGLIARI. A un certo punto del dibattito pubblico sul “Piano del Verde Pubblico” l’architetto Campus assessore del Comune di Cagliari, eloquio barocco, studi classici ben in vista, ha recitato il solito mantra che riserva a queste occasioni pubbliche: «prima piazza Maxia era totalmente abbandonata, adesso è una piazza. Vedremo fra qualche settimana chi avrà avuto ragione!».
Ma abbandonata da chi?
Il destino delle piazze si chiamino Maxia, Garibaldi o San Michele nella nostra città è quello di essere lasciate al loro degrado, fino a quando l’intervento dell’uomo e del cemento non faccia il miracolo.
In quelle piazze, dicono, si inciampava nelle radici, c’erano le sterpaglie, mancava tutto, la colpa doveva essere di qualcun altro e non di chi governa, o governava, sempre gli stessi, da molti lustri.
Forse la colpa è del «popolo del no», come lo definisce l’assessore, cioè di quelli che impediscono agli uomini del fare di espiantare, rimettere, riposizionare, modificare.
Dentro il verde, quello degli alberi si nascondono filosofie, e gusti estetici. «Piacerà, non piacerà», l’altro mantra dell’assessore, «lo scopriremo».
Intanto a lui piacciono un sacco di cose che ai cittadini, quelli che dicono no, e sono tanti, non piacciono.
A guardare certe piazzette cagliaritane, certi microscopici ritagli di verde pubblico intorno a palazzi di sei piani, certi parcheggi con annesso giardinetto pensile assolato, progetti invasivi, stile Tuvixeddu, o futuri “parcheggi” della musica, viene tristezza e nostalgia di architetti come Gaetano Cima e Ubaldo Badas o di agronomi come Siro Vannelli.
Ogni epoca ha quello che si merita, forse.
Il piano del Verde del Comune è per ora un libro dei sogni nel quale verde è anche la piana di Su Stangioni e San Lorenzo, dove fra pochi anni sorgeranno case popolari per quindicimila abitanti, «il parco più grande d’Italia» lo definiscono gli estensori del progetto. Il parco con il buco intorno, di cemento.
La filosofia è sempre quella del giardinetto condominiale. Qui la natura deve piegare la testa, inchinarsi alle esigenze degli uomini dei loro parcheggi, del loro incessante costruire come formiche che moltiplicano edifici sempre uguali nella loro cementizia desolazione.
Cagliari ha vissuto per qualche anno il sogno, magari imperfetto, della grande Architettura. Oggi vede realizzarsi gli incubi dei geometri: si progettano piazze senza guardare alla memoria, ai materiali, alla storia dei luoghi.
In ogni occasione pubblica Campus mostra agli astanti le sue diapositive di viaggio: Tokio, Parigi, Glasgow. Bellissime. Case, parchi, giardini privati che in altre città vengono salvati e curati come un patrimonio, come un cuore verde.
Il problema è che dopo le diapositive si ritorna nella Cagliari strozzata dal cemento e dagli affari. Qui dove un tempo erano ville e giardini sorgono palazzoni di sette piani e gli alberi di alto fusto rischiano la vita. Uscendo dal Castello di San Michele dopo quelle diapositive mette tristezza ritornare al degrado “pianificato” di certe parti della città. A tutto questo il Comune vuole dare una forma umana, un nuovo umanesimo, post moderno, come in piazzetta Maxia, che ha paura della natura e della sua semplice grazia. Troppi alberi, troppa ombra, hanno deciso.
«Piacerà, non piacerà?». Chi lo sa?