Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Porti turistici e spiagge ai migliori offerenti

Fonte: La Nuova Sardegna
29 luglio 2008

MARTEDÌ, 29 LUGLIO 2008

Pagina 3 - Fatto del giorno


Terremoto sulla gestione delle coste Dettori: «Finalmente deciderà la Regione»



Tre sentenze del Consiglio di Stato riconoscono a Cagliari il diritto-dovere di scegliere

ALESSANDRA SALLEMI

CAGLIARI. Il concessionario di un porto turistico in Sardegna non gode più del diritto al rinnovo della concessione. E se la Regione stabilisce che la gestione di un bene demaniale marittimo debba essere messa in gara, il vecchio concessionario non ha più il diritto di essere preferito ad altri.
Lo ha deciso il Consiglio di Stato con tre sentenze del 23 luglio scorso (numero 3642, 3643, 3644) che riconoscono alla regione Sardegna il diritto-dovere di stabilire come vada gestito l’intero patrimonio del demanio marittimo isolano. Il provvedimento ribalta la sentenza del Tar di due anni fa, dove si dava ragione alle società Motomar Sarda spa, Saromar e Italia Navigando spa, Consorzio reti porti Sardegna (strutture a Santa Maria Navarrese, Marina di Baunei, Alghero) che avevano impugnato alcune determinazioni dell’assessorato regionale Enti locali e Urbanistica. In queste si disponeva la proroga temporanea di alcune concessioni, ma si stabiliva che, in futuro, quegli stessi porticcioli sarebbero stati affidati «attraverso procedimenti concorsuali». La decisione del Consiglio di Stato è di vasta portata perché, nella sostanza, ristabilisce il diritto della Regione (rappresentata dall’avvocato Gianfranco Contu) di decidere dei criteri di assegnazione degli spazi demaniali ad attività turistiche e di svago. Questi criteri possono essere del tutto diversi da quelli adottati finora e fondati sull’articolo 37 del codice di navigazione dove si afferma un diritto al rinnovo da parte del concessionario di un bene demaniale marittimo. Attraverso le sentenze del 23 luglio i giudici fanno sapere che il Consiglio di Stato «ha da tempo aderito a una interpretazione dell’articolo 37 del codice di navigazione che privilegia l’esperimento della gara e comprime il diritto di insistenza (la prelazione) in sede di concessione dell’utilizzo di beni demaniali; interpretazione - è scritto ancora nella sentenza - che deriva anche dall’esigenza di interpretare le norme conformemente ai principi comunitari, in materia di libera circolazione dei servizi, di par condicio, d’imparzialità e di trasparenza, essendo pacifico che tali principi si applicano anche a materie diverse dagli appalti, essendo sufficiente che si tratti di attività (come in questo caso) suscettibile di apprezzamento in termini economici». Conclusione della sesta sezione del Consiglio di Stato: «Il concessionario di un bene demaniale non vanta alcuna aspettativa al rinnovo del rapporto, il cui diniego, nei limiti ordinari della ragionevolezza e della logicità dell’agire amministrativo, non abbisogna di ulteriore motivazione, essendo parificabile al rigetto di un’ordinaria istanza di concessione, né implica alcun diritto d’insistenza qualora la pubblica amministrazione intenda procedere a un nuovo sistema di affidamento mediante gara pubblica». Naturalmente, una sentenza riguarda l’oggetto esatto del ricorso (in questo caso alcuni porti turistici regionali), però il principio affermato dai giudici si estende a tutte le attività economiche gestite grazie alla concessione di beni demaniali: oltre i porti anche le spiagge dove ci sono stabilimenti balneari, ristoranti, punti ristoro ecc.
Ma c’è soprattutto un altro aspetto che rende storica per l’isola la decisione del Consiglio di Stato. I giudici dedicano molte pagine per argomentare un diritto della Sardegna finora non pacifico: quello di applicare il decreto legislativo 234 del 2001 con la decorrenza del primo gennaio 2002. Il decreto 234 trasferiva le competenze sul rilascio delle concessioni sui beni demaniali marittimi, «fatte salve alcune prerogative» legate alla Difesa, all’approvvigionamento di fonti di energia. L’operatività del decreto veniva legata al trasferimento di risorse e personale: siccome questo non era mai stato fatto, anche secondo il Tar sardo la Regione non poteva decidere sulle concessioni dei beni demaniali marittimi. Con un forte e dettagliato richiamo a principi e leggi di rango costituzionale, il Consiglio di Stato ha ragionato fino ad affermare che «dalla clausola di salvaguardia contenuta nella legge costituzionale numero 3 del 2001 si ricava, comunque, il principio secondo cui le Regioni a statuto speciale non possono ‘restare indietro’ rispetto alle regioni ordinarie (già operative sulla titolarità dei beni demaniali marittimi a partire dal gennaio 2002 perché non avevano bisogno di una norma attuativa per applicare i decreti dello Stato)». Di più: nel caso della Sardegna, le competenze sui porti turistici in questione discendenti dal decreto 234 non richiedevano risorse trasferite dallo Stato perché, nelle direttive sotto esame, «si trattava di criteri di carattere generale». Così Fulvio Dettori direttore generale della presidenza della giunta regionale: «E’ una decisione importante perché conferma una linea interpretativa della Regione che finora gli organismi dello Stato si rifiutavano di accettare e di condividere. Il Consiglio di Stato ha dichiarato finalmente che la Sardegna è titolare del potere di gestire il demanio marittimo regionale».