Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Nurcis, il sonnambulo di Tuvixeddu

Fonte: L'Unione Sarda
28 luglio 2008

L'artista cagliaritano torna nella sua città con una mostra allo Spazio P
«Già da giovanissimo desideravo intensamente di fare l'artista ma avevo capito che rimanendo a Cagliari non avrei avuto prospettive, nonostante avessi fatto una personale alla Galleria Comunale diretta da Ugo Ugo. L'ambiente qui era troppo soffocante: desideravo solo andarmene». Così Andrea Nurcis, che con un allestimento evocativo e coinvolgente ritorna allo Spazio P di via Napoli, a Cagliari, dopo un'assenza di oltre vent'anni. Una mostra suggestiva, che riguarda memorie attinenti la sfera emozionale e strettamente privata dell'artista e costituisce una tappa essenziale del suo percorso di elaborazione di un grave lutto (negli ultimi cinque mesi ha assistito la madre nel percorso estremo della sua esistenza). Ma riguarda anche la memoria collettiva proponendosi come impegno per la salvaguardia di un importante luogo storico e ambientale come la necropoli di Tuvixeddu, cui Nurcis è legato dall'infanzia. Il titolo della mostra (fino al 31) è Il sonnambulo di Tuvixeddu : rarefatta esposizione di due sculture recentissime e due disegni giovanili riemersi casualmente dal passato. La mostra si avvale di un'ambientazione particolare, resa possibile dalla disponibilità di chi gestisce lo spazio ad ospitare manifestazioni che comportano un interesse culturale più ampio di quello artistico.
L'ambiente locale le stava stretto, ma altro è il desiderio giovanile di evadere, altro operare un distacco definitivo...
«Già da quando avevamo partecipato alla Quadriennale del 1986, io ed Enrico Corte, avevamo cominciato ad intessere rapporti con l'ambiente romano. Avevamo conosciuto diversi artisti fra cui Gino De Dominicis e Alighiero Boetti, e soprattutto Luigi Ontani che frequentiamo tuttora perché conserva una straordinaria inventività. La conoscenza con artisti, critici, galleristi e collezionisti, ha avuto un ruolo importante nella nostra maturazione rafforzando il desiderio di confrontarci con l'esterno: dapprima fu un periodo di intenso pendolarismo poi, dall'inizio degli anni Novanta, il distacco definitivo».
Dopo vent'anni, che cosa è cambiato a Cagliari?
«L'aspetto della città, più conforme agli standard; si percepisce il desiderio di apparire in linea con ciò che è in voga oltre il mare. Molto è cambiato, ma in superficie. Entrando un po' più in profondità nell'humus cagliaritano, mi sono reso conto che sostanzialmente è tutto come un tempo: i problemi sono gli stessi, in particolare per quel che riguarda la circolazione dell'arte contemporanea, l'isolamento degli artisti, la mancanza di occasioni di confronto, l'inesistenza di un mercato. Tutto come prima. Per non parlare del provincialismo, del conservatorismo delle istituzioni e dell'avversione per il contemporaneo. Ci sono stati mutamenti solo apparenti come l'apertura dei vari spazi comunali tipo Exmà e gli altri del Camù, spazi anche belli, ma gestiti in modo inadeguato. Poi ci sono progetti nuovi, come il Bètile, che dovrebbe essere un museo per arte contemporanea e archeologia: un abbinamento che sembrerebbe interessante. Tutto dipende da come verrà gestito: c'è il rischio che diventi una sorta di Luna Park, se si adegueranno al trend attuale che vuole l'arte soprattutto come occasione di spettacolo…».
Il suo futuro?
«Roma non m'interessa più, mi trasferirò a Bologna e New York: in prospettiva c'è l'India, Mombay».
ANNAMARIA JANIN

28/07/2008