Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Classifica amara, sempre più in coda

Fonte: La Nuova Sardegna
1 settembre 2010

MARTEDÌ, 31 AGOSTO 2010

Pagina 7 - Sardegna

Indagine economica del «Sole-24 Ore», l’isola sull’orlo del baratro

 Prestazioni negative in sette delle otto macroaree tematiche

GIUSEPPE CENTORE

CAGLIARI. Lazio medaglia d’oro, Sardegna maglia nera. L’ultima ricerca, del Centro Studi Sintesi in collaborazione con il quotidiano “Sole-24 Ore”, dedicata allo stato dell’economia e dei servizi del paese, condanna l’isola all’ultimo posto tra tutte le regioni.
Una bocciatura grave, legata al fatto che la Sardegna è l’unica delle regioni, secondo la ricerca che ha la maggior parte degli indicatori (ne sono stati presi per la ricerca oltre 40) economici e di mercato negativi, ben al di sotto la media nazionale. Per rendere più accattivante la lettura della sintesi dello studio, i ricercatori hanno diviso tutti gli indicatori in otto macroaree: ambiente, credito, demografia e famiglia, dinamiche economiche, governance regionale, istruzione, mercato del lavoro e salute e hanno comparato i dati del 2000 con quelli del 2010. Alle regioni più meritevoli sopra la media per ciascuna macroarea, è stata assegnata una virtuale medaglia d’oro, che via via si riduce di pregio, sino alla medaglia di “legno”, formula ispirata dal rugby.
Ecco, noi peschiamo a piene mani solo tra queste ultime. Ci salviamo, si fa per dire, nel credito e nell’ambiente, dove pur rimandendo sotto la media nazionale abbiamo dato segni di leggera tenuta. Per il resto solo valori molto negativi come risultano dai valori incrociati del Pil (prodotto interno lordo) del tasso di occupazione, dei depositi bancari delle famiglie, della spesa mensile delle stesse e del reddito procapite disponibile, degli investimenti fissi lordi, dei prestiti bancari per impresa, dell’export, della povertà relativa e dell’indice di vecchiaia. Nessuno di questi dati, al netto dell’inflazione, è positivo.
Gli ottimisti a oltranza potrebbero obiettare che le difficoltà dell’isola sono le stesse che attanagliano l’intero Mezzogiorno, ma i loro dubbi assomigliano a un disco rotto. Non è più così. Anche il sud ormai cresce a macchia di leopardo, con intere aree dentro alle Regioni o Regioni, come la Basilicata, che danno inaspettati segnali di ripresa, avvicinandosi alle inarrivabili, per noi, Regioni del centro come Abruzzo e Molise. Le altre, da Toscana in su, fanno parte di una altra Italia, quella dei servizi, dell’istruzione che funziona, del lavoro, che anche se si riduce con percentuali a due cifre mantiene uniti i territori. Il dramma, e la ricerca lo illustra in dettaglio con dovizia di particolari, è che in questo decennio è stato avviato un processo di responsabilizzazione delle Regioni, sia con l’avvio delle riforme introdotte dalla Bassanini, che con il trasferimento di risorse e competenze dallo Stato alle Regioni a statuto ordinario, che ha svuotato, per incapacità e non per volontà politica, le peculiarità delle regioni, meridionali, a statuto speciale. Tre macroaree illustrano al meglio questo processo: lavoro, istruzione ed economia.
Il lavoro è la macroarea con il dato più impressionante. Fatta 100 la media nazionale, nel decennio l’isola è ferma a 69,1, un dato più alto di Calabria, Campania e Sicilia, che hanno però incrementato dal 15 al 24 per cento il loro punteggio. Ci superano, con incrementi notevoli, Molise, Basilicata e Puglia, mentre corsa solitaria, anche nell’istruzione e nella salute, la fa la Liguria. Trentino, Emilia e Veneto continuano ad avere i dati migliori (30 per cento opra la media nazionale), e questo nonostante la crisi abbia frenato, anche di un decimo gli indicatori dell’occupazione.
Discorso analogo per l’istruzione. Siamo sei punti sotto la media nazionale; chi sta peggio di noi compie passi in avanti, noi indietreggiamo, lasciando a Basilicata, Trentino e soprattutto Liguria il primato. Infine l’economia globalmente intesa; anche qui applichiamo la politica del gambero. L’unica macroarea dove sono stati compiuti progressi invece è l’ambiente, anche se navighiamo ancora nei quarti inferiori della classifica.
La conclusione della ricerca è desolante: non basta essere Regioni a Statuto speciale se poi manca quello che il centro studi Sintesi definisce «terreno fertile capace di far fruttare l’iniezione di risorse e poteri che giungono dallo Stato». Se poi l’iniezione di poteri e risorse risulta inadeguata, come in questi anni, allora il fallimento del sistema Sardegna risulta essere dietro l’angolo.
A questa ipotesi non crede naturalmente il presidente della giunta Cappellacci che intervendo a commento della ricerca, delimita le sue dirette responsabilità agli ultimi dodici mesi «i dati certificano ancora una volta il quadro economico e sociale che abbiamo ereditato all’inizio del nostro mandato» e ritiene di essersi impegnato «su tutti i fronti e al fianco non solo politicamente, ma anche fisicamente e in piazza, di chi ha sofferto le conseguenze della crisi. Sul tavolo della Giunta sono passate centinaia di emergenze e possiamo dire di non aver lasciato nessuno a casa». Cappellacci annuncia che nella “fase 2” di questa legislatura, quella che nascerà dall’imminente rimpasto, «sarà dedicato più spazio alla realizzazione di un nuovo sistema economico e sociale, alternativo a quello attuale». Le parole d’ordine del presidente della Regione saranno “rottura degli schemi del passato”, “superamento dei problemi atavici della nostra isola”, “soluzioni finalizzate a creare nuova impresa e nuove fonti di occupazione”. Per ottenere questo risultato Cappellacci conta «di trovare la necessaria compattezza della coalizione di governo», ed è pronto ad ricerca di una condivisione ampia, che valichi gli stessi confini della maggioranza e che coinvolga anche le parti sociali.
«L’avvio della nuova fase - ha concluso Cappellacci - sarà accompagnato da momenti autentici di dialogo, durante i quali chi vorrà dare un contributo positivo sarà sicuramente messo nelle condizioni di farlo». Basteranno queste buone intenzioni a invertire la rotta?