Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Porto canale, c'è aria di rivolta

Fonte: L'Unione Sarda
24 luglio 2008

Trasporti. Oggi nuova protesta dei sindacati autonomi. Effetti negativi per l'intero sistema produttivo
«Le imprese che esportano spendono il doppio»
Oggi sit-in sotto il palazzo della Giunta regionale. Protestano le imprese: per le merci i costi sono raddoppiati.

Banchina deserta, gru inoperose. E niente navi all'orizzonte. Una situazione inaccettabile per i lavoratori del porto canale e per le organizzazioni sindacali. Due sigle in particolare rilanciano: Fast-Confsal ed Rdb-Cub oggi manifesteranno per la seconda volta in dieci giorni. Dopo il sit-in davanti al palazzo del Consiglio regionale, a Cagliari, la protesta si sposterà più o meno di un chilometro, davanti alla sede della Giunta, in viale Trento.
BRUSCA FRENATA Dopo quattro anni in crescita costante, a partire dalla primavera 2003, il terminal di Macchiareddu si è bloccato di colpo più o meno un anno fa. Contship Italia, azionista di maggioranza della Cict, società che ha in concessione la banchina, si è trovata in casa un nuovo socio, Maersk, colosso danese che ha acquisito P&O subentrando anche nel capitale sociale della Cagliari International container terminal. Ha il 24% del pacchetto, «ma di fatto è una golden share , ovvero è in grado di condizionare le scelte e le strategie», evidenza Vincenzo Cincotta, amministratore del Cincotta Group. «Sarebbe stato importante prevedere una clausola di salvaguardia». L'agente marittimo dubita che Maersk vada via di sua spontanea volontà. «Metti il cappello in una sedia per evitare che ci si sieda un altro. Mi spiego: in un mercato globalizzato, si può anche perdere in un porto, guadagnando in altri».
INDOTTO IN CRISI La vittima di questa strategia è l'economia sarda. Dal 14 luglio 195 dipendenti di Cict sono in cassa integrazione. Per un anno. E, come ribadiscono Augusto Tocco ed Enrico Rubiu, rappresentanti di Fast-Confsal e Rdb-Cub, i problemi si riflettono anche su Iterc (Impresa terminalistica di Cagliari) e Clp (Compagnia lavoratori portuali), costrette all'inattività sul fronte container, sul qualche avevano creduto e investito. Cincotta allarga il discorso. «L'effetto domino è molto più esteso. A parte il nostro caso specifico - avevamo 5 persone che lavoravano solo nel transhipment - ci sono imprese sarde che, per importare o per esportare, sono costrette a spendere il doppio rispetto allo scorso anno».
COSTI PER LE IMPRESE La sinergia Contship-P&O aveva consentito a Cagliari di essere in rete con 23 porti sparsi in tutto il mondo. A Macchiareddu, ricorda Cincotta, arrivavano la navi giramondo di Hapag Lloyd, Cma Cgm. Succedeva ieri , eppure sembra di essere tornati indietro di anni, quando il porto canale faticava a farsi largo nel mare magnum dei contenitori. Con l'avvento di Maersk nel ruolo di monopolista, «le imprese sarde», dice ancora Vincenzo Cincotta, «sono costrette a prendere come riferimento Genova per le spedizioni. E da Genova a Cagliari, affidarsi a Grendi. I costi, rispetto a prima, sono raddoppiati. E meno male che c'è Grendi, peraltro, altrimenti saremmo tagliati fuori». In attesa di rilanciare il terminal, per le imprese sarde «sarebbe sufficiente anche qualche nave feeder che faccia la spola tra Cagliari e Tangeri, o Port Said».
LA CONCESSIONE Si parla con insistenza della possibile revoca della concessione del terminal a Cict e quindi a Contship. A prendere la decisione dovrà essere l'Autorità portuale di Cagliari. «Noi non crediamo che la revoca della concessione possa risolvere i problemi», evidenzia Corrado Pani, segretario regionale Fit-Cisl settore porti e servizi portuali. Tanto più, aggiunge Pani, se si mettono in conto «i tempi lunghi e i rischi di una gara internazionale». A cominciare «dal blocco della cassa integrazione guadagni, con l'immediata mobilità per tutto il personale dipendente». C'è un'altra incognita. Proprietario delle attrezzature portuali è il Casic. Il presidente Graziano Milia ha già manifestato perplessità sulla gara. Anche perché, in attesa della definizione, il Casic che fa, si assume l'onere di una lunga e costosa manutenzione? E se la gara non va in porto?
IL FUTURO Restano, sullo sfondo, tutte le buone intenzioni legate alla zona franca e all'insediamento nell'area portuale di una serie di attività produttive legate alle merci movimentate in banchina. Sì, il fondale è stato portato a -16 metri. Ma, fa notare Cincotta, «non si è riusciti nemmeno a realizzare il Pif, il Posto di ispezione frontaliera, che avrebbe consentito di importare ed esportare le produzioni agroalimentari».
EMANUELE DESSÌ

24/07/2008