Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Il rock è la libertà di sognare un futuro migliore

Fonte: La Nuova Sardegna
24 luglio 2008

GIOVEDÌ, 24 LUGLIO 2008

Pagina 49 - Inserto Estate


Cagliari, Ligabue ha conquistato i quindicimila con un potente live

WALTER PORCEDDA
Almeno i sogni, quelli, lasciateceli stare. Ligabue lucida il vecchio adagio sessantottino del potere alla fantasia adattandolo ai nostri giorni incerti e grigi. Siamo realisti non chiediamo più l’impossibile ma almeno la libertà di sognare, anche solo un futuro migliore, quella ci appartiene. Ecco così che prima di salutare il suo popolo, quindicimila venuti da tutta l’Isola nell’arena della Fiera, per l’evento allestito da Friends and Partners con Sardegna Concerti e Applausi, il rocker emiliano esorta a tornare a casa sereni. «Fate l’amore e poi, quando sopraggiungerà quella sana spossatezza, lasciatevi andare. E sognate un futuro migliore. Per voi e il vostro Paese».
D’altra parte i sogni possono avere i piedi ben piantati per terra e basarsi su qualcosa di reale e concreto. Come gli articoli della nostra Costituzione. I primi dodici, fondamentali punti sui quali sino ad oggi si è retta la nostra democrazia scorrono lentamente sul megaschermo perchè vengano letti. Scritti in nero su fondo bianco raccontano di un Paese dove ogni cittadino è uguale davanti alla legge, senza distinzione di razza e religione. Parlano di un Paese che vuole promuovere la cultura, custodire il paesaggio e rispettare le differenze tra le persone.
Spiega che quelle differenze bisogna cercare di annullarle. Che il lavoro è un diritto. E la Repubblica ripudia la guerra. Tutto questo dicono quelle scritte, mentre Ligabue canta «Non è tempo per noi». Brano dal testo esplicito che recita «Non è tempo per noi che non vestiamo come voi/ Non ridiamo, non piangiamo, non amiamo come voi Forse ingenui o testardi/ Poco furbi casomai Non è tempo per noi e forse non lo sarà mai».
Poche parole ma chiare anche quando chiosa: «Il Paese non è di chi lo governa ma di chi ci vive». Ligabue sceglie sempre da che parte stare. Lo fa ascoltando il cuore, suo e quello della sua gente. È per questo che lo amano. E anche martedì i suoi fans, un oceano di mani che si alzavano al cielo, lo hanno avvolto e stretto in un caloroso e fraterno abbraccio. Sincero e a viso aperto. E il Liga, come sempre non ha tradito dando tutto sè stesso in un live potente, adrenalinico quanto basta con una band rimessa a nuovo che macina ritmo e musica a mille che fa perno sul fedele chitarrista Federico Poggipollini e poi ancora il chitarrista Nicolò Bossini, i tastieristi Luciano Luisi e Josè Fiorilli, il potente drummer Michael Urbano e lo straordinario bassista americano Kaveh Rastegar, con un senso del ritmo pazzesco e una eleganza strumentale davvero rara. È un live generoso che va veloce grazie a una scaletta perfetta che si apre a sorpresa con la languida «Certe notti» per mostrare, pezzo dopo pezzo, un bello sguardo d’insieme sulla storia musicale di questo cantautore, come viene raccolta nei due indovinati album «Primo tempo» e «Secondo tempo», due «Best of» usciti nel giro di pochi mesi. Ecco così in sequenza «Il centro del mondo», «Quella che non sei», «I ragazzi sono in giro», «Ho messo via» (dedicata ad Andrea Parodi) e «Tutti vogliono viaggiare in prima». È un crescendo di emozioni cantate in coro dal pubblico, di un Liga in splendida forma che si muove in una scenografia che sembra ispirata agli scenari postfuturisti del film «Blade Runner».
Una selva di torri di metallo, bianche pale eoliche che girano al vento, pannelli solari e una passerella a semicerchio che divide il pubblico dove il cantante si muove continuamente percorrendola nei due sensi. Energia che dai, energia che restituisci. Il rock è un’energia alternata. Che parla anche di diritti, d’amore e di libertà. E che rivendica anche come articolo 1001 della Costituzione quello di essere «suonato al volume che ci vuole». Scorrono gli altri pezzi per la felicità di un pubblico in visibilio. da «Ho ancora la forza», «Il giorno dei giorni», «A che ora è la fine del mondo», «Niente paura», «Piccola stella senza cielo», «Happy Hour», «Urlando contro il cielo» fino all’ultima «Buonanottte all’Italia». Dieci, cento Ligabue. Ce ne dovrebbero essere di più di concerti così. Anche i giovani sardi hanno il diritto di avere un sogno rock.