Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Un’imposta fissa per chi affitta le case

Fonte: La Nuova Sardegna
4 agosto 2010



In Consiglio dei ministri la «cedolare secca» del 25%, esclusa dagli altri redditi Irpef



Nel provvedimento è previsto un inasprimento delle sanzioni per contrastare il sommerso

GIGI FURINI

MILANO. Se ne parla da anni, ma adesso dovrebbe essere la volta buona. Dal primo gennaio 2011 scatterà la cedolare secca sugli affitti. Sarà del 25%, dicono i ben informati da palazzo Chigi, dove oggi il provvedimento va all’esame del Consiglio dei ministri.
Dunque, chi percepisce un canone d’affitto non dovrà più sommare l’importo ricevuto agli altri redditi, e poi pagare l’Irpef, ma dovrà pagare di imposta il 25% dell’affitto percepito (al di là del numero delle case affittate). Secondo le ultime ipotesi la cedolare secca sarà sostitutiva dell’Irpef, delle addizionali, delle imposte di bollo e dell’imposta di registro dovuta sui contratti di locazioni (ora al 2% del canone annuo). Inoltre la «cedolare» sarà applicata ai contratti per i quali non esiste l’obbligo di registrazione. L’aliquota sarà del 20% per i canoni agevolati. Sarà l’Agenzia delle Entrate a fissare le modalità di versamento dell’acconto, pari all’85% per l’anno d’imposta 2011 e al 90% a partire dal 2012.
Stando a quanto dicono al ministero dell’Economia, l’arrivo della cedolare sarà accompagnato da un forte giro di vite contro il sommerso. Infatti, per chi non denuncia l’affitto saranno raddoppiate le sanzioni fino a un massimo di 2mila euro (nei casi di omessa dichiarazione), e fino al 400% della maggior imposta nel caso di redditi dichiarati in misura inferiore. E non ci sarà nessun sconto per i soggetti stanati dal Fisco o dai Comuni stessi: nessuna misura ridotta, prevista invece in caso di accertamento con adesione, o di rinuncia all’impugnazione dell’accertamento.
Altra novità è che la cedolare secca andrà nelle casse dei Comuni (ora l’Irpef, ovvero l’Imposta sul reddito delle persone fisiche, finisce nelle casse dello Stato). Non solo, ma ai Comuni finiranno anche le imposte di bollo, di registro, quelle ipotecarie e quelle catastali e l’Irpef relativa ai redditi fondiari. Fanno, in tutto, 15 miliardi di euro che confuiranno nel «Fondo sperimentale di riequilibrio» voluto dal governo nell’ambito del decreto attuativo sull’autonomia fiscale dei Comuni. Bisognerà aspettare il 2014, invece, per alimentare questo fondo con la nuova imposta «municipale propria» (Imu) sulle compravendite. L’aliquota dovrebbe essere del 3% sulle prime case e del 7% sulle seconde, e i Comuni potranno modificare le aliquote dal 2017. Nel fondo anche addizionali sull’energia elettrica. I Comuni hanno bisogno di soldi e lo Stato andrà, via via, riducendo i trasferimenti previsti finora. Ed è per rafforzare le entrate comunali che si prevede di dare la caccia alle «case fantasma». In Italia, ci sono centinaia di migliaia di case non censite al Catasto. I Comuni lo stanno scoprendo con le foto aeree poi confrontare con le mappe catastali. Ebbene, queste case dovranno «emergere», e questo porterà denaro alle casse comunali, insieme a metà dell’incasso nella lotta all’evasione fiscale (da poco la manovra aveva elevato questa aliquota dal 30 al 33%). Infine i Comuni avranno accesso al catasto elettrico (in modo da poter controllare le utenze e gli intestatari) all’anagrafe tributaria, all’elenco dei domicili fiscali e a quello dei soggetti che svolgono attività di impresa o lavoro autonomo. Con l’approvazione, prevista per oggi, si chiude la prima tornata del processo attuativo del federalismo fiscale, condotto dal ministro per la Semplificazione Calderoli.