Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Dall'abbandono alla cura del bello

Fonte: L'Unione Sarda
30 luglio 2010

Dall'abbandono alla cura del bello

C'è, alla fine del percorso, una gigantografia del 1956 che ritrae una tessitrice bosana. La mezza arcata del cortile in cui lavora si riflette - duplicandosi - sulla vetrata, in un affascinante gioco di specchi che rende ancora più intrigante la foto del grande Jean Dieuzaide. Di fronte, una tessitrice desulese fotografata da Guido Costa. Immagini preziose, appartenenti all'Istituto superiore regionale etnografico, che col loro bianco e nero contrastano il colore: quello che da ieri si è impossessato dell'ala della Cittadella dei Musei di Cagliari diventata finalmente - dopo sessant'anni dalla concessione alla Regione - Museo etnografico regionale. Cinquecento metri quadrati di pietra e acciaio, antico e contemporaneo, per accogliere duemila preziosi oggetti della Collezione Luigi Cocco, magistrato di Villasor amante del bello. Acquistata nel 1954 dalla Regione (diciotto milioni di lire) custodita dall'amministrazione regionale e adesso affidata alla gestione dell'Istituto.
Il grande giorno è arrivato, dies aureo signanda lapillo , un giorno da segnare con una pepita d'oro, ha commentato il presidente dell'Istituto Salvatore Liori durante la cerimonia di inaugurazione. Ad aprirla Gianni Filippini, che ha sottolineato per la città e la regione l'importanza dell'apertura del Museo, sono poi intervenuti i sindaci di Cagliari e Nuoro, Emilio Floris e Alessandro Bianchi, e l'assessore regionale alla cultura Maria Lucia Baire, protagonista della serata: «Un momento di assoluta valenza culturale per la Regione, un progetto esemplare sottratto all'incuria, all'inerzia propria della disattenzione e all'abbandono. Un pezzo di memoria di Cagliari che oggi viene restituito alla città e all'Isola intera».


All'inaugurazione dello spazio espositivo, un luogo di grande bellezza strappato in appena otto mesi al nulla, erano presenti anche l'assessore regionale all'Ambiente Giuliano Uras, il vescovo emerito Ottorino Pietro Alberti, don Mosè Marcia, ausiliario del vescovo di Cagliari Giuseppe Mani, (assente). C'era l'ex rettore Duilio Casula, che ricordava i tempi eroici - per l'Università - dell'apertura della Cittadella, e Giovanni Lilliu. Accaldato e perplesso per gli applausi del pubblico. Per lui, abituato ai nuraghi, parlano di tempi forse meno interessanti i duemila pezzi della collezione Cocco, i meravigliosi arazzi, i monili in argento che raccontano la perizia di artigiani e orafi e la ricchezza incredibile della cultura della nostra isola. «Sono il prodotto - ha ribadito l'ingegner Baire - della storia del suo popolo, delle donne e degli uomini sardi che, nella loro fierezza, hanno contribuito nel tempo a creare un forte senso di appartenenza, attraverso usi, costumi, tradizioni uniche al mondo». «La cultura non è un bene indisponibile, a uso e consumo del singolo - ha poi puntualizzato - ma è patrimonio di tutti e appartiene alla collettività che ha il diritto di goderne appieno e, dove possibile, gratuitamente».
Parole sante. Condivisibili da tutti. Eppure stonate per i numerosi dipendenti del Teatro Lirico che hanno partecipato alla cerimonia di inaugurazione, aspettando l'annunciato arrivo del ministro Bondi. In suo onore le coriste della Fistel-Cisl indossavano una maglietta con la faccia di Maria Callas e la scritta “Non zittite la cultura”, distribuivano un «appello alle istituzioni» contro le notizie allarmanti di nuovi tagli. Senza maglietta, ma con uguale preoccupazione, alcuni dipendenti precari del teatro.
Un clima di disincanto, che faceva da contraltare alla festa, al dies aureo signanda lapillo. Eppure uno spazio culturale che si inaugura è un segno di vita, chi può negarlo? Ed è solo l'inizio, ha assicurato la Baire, che ha annunciato l'ampliamento della rete museale regionale con l'apertura, nei prossimi mesi, di altri spazi espositivi a Oristano, Sardara, Sassari, Nuoro. Da stamane (10-19) il museo sarà aperto a tutti. Cagliaritani, sardi, turisti. E sarà del tutto gratuito.
Gratuito e certamente più godibile di quanto non lo fosse ieri. Anche se avere per guida Paolo Piquereddu, direttore dell'Isre e curatore del catalogo, non è da tutti i giorni, né tutti i giorni si possono ammirare i costumi del gruppo folk San Biagio arrivato da Villasor (con la piccola Marta) per far festa alla collezione dell'illustre conterraneo. Suoni di launeddas, alla fine, nel giardino, e il soffiare dolce del vento, a dar refrigerio a Lilliu. Dentro, man mano che si diradava la folla, prendevano forma monili, amuleti, catene, arazzi. Prendeva corpo (sotto una illuminazione fin troppo forte) l'opera dell'ingegno e dell'impegno collettivo. Quella che il presidente dell'Isre ha riassunto in quattro storiche tappe: il decreto del Ministero della Pubblica Istruzione che indica la collezione Cocco un'opera importante per la Sardegna, l'atto del Consiglio regionale che ne decreta l'acquisto, l'atto della Giunta che lo finanzia e infine - ai nostri giorni - «l'atto politico di questo governo regionale che è arrivato a un approdo felice».
Felice e tardivo. «Mia madre sarebbe qui con grande gioia, ma non sta bene», diceva ieri commossa una giovane donna che indossava un monile simile a quelli in bacheca. Cristina Atzeni col fratello Stefano è la pronipote di Luigi Cocco e da oggi condivide con tutti i sardi un'eredità che per lei ha un sapore in più, quello degli affetti.
MARIA PAOLA MASALA