Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Canto in Renga

Fonte: L'Unione Sarda
29 luglio 2010

Canto in Renga

La Sardegna. «La mia Sardegna». E la musica, quella che, negli anni '60, faceva da colonna sonora alle giornate di sua madre. Francesco Renga, a poche ore dal concerto all'Anfiteatro Romano di Cagliari, scrive per i lettori dell'Unione Sarda.
«Parlare ai sardi è per me fin troppo facile. Le uniche origini che sento mie, e che cerco di rivisitare con costanza, sono quelle della Sardegna. Sono nato a Udine ma soltanto perché mio padre era stato trasferito da poco lì, in Friuli, a lavorare. Poi conobbe mia madre, si innamorarono, si sposarono, arrivarono i figli: e restammo al nord: ma i miei parenti sono tutti ancora a Sassari. Cugini, zii, parenti sono lì, e io lì, solo lì, mi sento a casa.
I ricordi, poi, che meraviglia. Mi fermo un attimo; li riporto alla mente, li ascolto, mi cullo sopra quello che è stato e sarà per sempre.
Da bambino passavo le mie estati dai miei nonni, loro abitavano a Tula, sul lago Coghinas. Mi resterà impressa per tutta la vita l'immagine di mio nonno, incarnazione perfetta del fiero uomo sardo. Forte, sicuro, orgoglioso. Onesto. Leale. Mi ricordo quando stava seduto nel porticato e con la pattadese tra le mani tagliava i pezzi di pecorino, o la frutta che aveva appena raccolto.
Certe volte, quando racconto questa storia, c'è chi mi guarda storto perché non faccio altro che riempirmi la bocca di Sardegna, ma è difficile spiegare questa vicinanza culturale, umana, spirituale a chi non vi... anzi: ci conosce. Mio padre quando andò in pensione comprò una casa ad Alghero, e ci andava di continuo. Ora che non può più farlo vediamo da vicino quanto gli pesa non poter essere lì, ed è la dimostrazione di quanto ci si leghi ad una terra meravigliosa come questa.

Il periodo dal quale ho attinto per il mio ultimo disco è un po' casuale. È un viaggio nella mia fanciullezza, sono i dischi che ascoltava mia madre e che io stesso ascoltavo durante i viaggi. Non era mia intenzione fare cover degli anni '60, ma semplicemente raccontare la mia vita nel periodo migliore che si vive, cioè quello nel quale stai con la tua famiglia. Per chi ha questa possibilità.

Erano bei tempi, si ricostruiva il nostro paese martoriato dalla guerra, il boom economico. E anche la musica dava il meglio di sé. Le canzoni facevano il giro del mondo: basti pensare che Io non vivo senza te venne addirittura ripresa dal grande Elvis. Costruire le canzoni era diverso, non c'erano ancora i cantautori: esisteva il paroliere, chi scriveva la musica e poi l'interprete. Insomma, le canzoni venivano costruite apposta per quell'interprete affinché gli calzassero alla perfezione.
Certo, un disco del genere sembrava anche a noi un qualcosa di irrazionale, fuori tempo massimo. Ti chiedi se i tuoi fan lo capiranno, se sono pronti ad un prodotto del genere, solo orchestra sinfonica e voce. Ascoltandolo, però, non ci si accorge che mancano chitarre e bassi. L'arrangiamento siamo riusciti a renderlo moderno, contemporaneo, fruibile alla gente e alle radio. E il successo straordinario che ha avuto il disco mi ha reso - e mi rende tutt'ora - particolarmente orgoglioso. Ho capito che la gente aveva bisogno di riascoltare quelle canzoni. Lo vogliono i nostri genitori che quei dischi li sceglievano, e che ora possono ricordare quel periodo significativo della loro vita. E lo vogliamo noi che - invece - quei dischi li dovevamo subire. Ma sono quelli che ci hanno avvicinato alla musica, e che a me in particolare l'hanno fatta amare.
«È un disco pensato per un mercato internazionale. Pensavamo di promuoverlo da subito in tutto il mondo, ma il successo che ha avuto in Italia ci ha consigliato di portarlo in giro per il paese dal vivo. Ci sarà tempo per l'estero, dove comunque è già stato pubblicato.E non potevo di certo saltare la mia Sardegna con questo tour, anche se potete immaginare quanto sia complicato spostare un'intera orchestra oltre il mare.
Ma è qualcosa di unico, penso irripetibile, ed è per me obbligatorio mostrarvelo. È magico. È un viaggio attraverso la mia carriera professionale, che parte dalle mie ultime canzoni fino ad arrivare a quelle della mia infanzia, dapprima con un pianoforte e solo la mia voce, e proseguendo facendo entrare pian piano tutta l'orchestra. Questa è la mia musica; questa è la mia vita. Questo, sono io. Francesco Renga, nato a Udine, per sbaglio».
FRANCESCO RENGA
(testo raccolto da Daniele Gamberini)

29/07/2010