Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

I racconti fotografici di Smith

Fonte: L'Unione Sarda
26 luglio 2010

I racconti fotografici di Smith

Tutta la forza drammatica del bianco e nero. La gente comune con William Eugene Smith, perfezionista dello scatto, diventa epica. “Più reale del reale” è la mostra fotografica curata da Enrica Viganò che il Centro comunale d'arte e cultura Exmà di Cagliari dedica al grande fotoreporter americano sino al 26 settembre. Le 150 immagini esposte sono state stampate dallo stesso fotografo scomparso nel 1978 e guidano il visitatore dentro i famosi saggi fotografici pubblicati sulla rivista Life, per cui lavorò dal 1946 al 1954.
I segreti della fama internazionale? Non solo un approccio etnologico: c'è controllo per la resa della realtà dietro ogni consegna, una ricerca di perfetta sintonia tra immagini e parole, anche in post produzione. Da Deleitosa, piccolo centro in Estremadura ideale per rappresentare le condizioni di vita della popolazione rurale in Spagna durante il governo franchista, torna con 57 scatti e 45 pagine di osservazioni. E aneddoti per questo reportage del 1950: aveva incollato la pellicola sotto la carrozzeria dell'auto per lasciare lo Stato.
La sua presa di distanza tramite dal franchismo espressa nel saggio, pur apprezzato ma uscito troppo tardi, non riusci però a impedire i finanziamenti americani a Franco. Se resta celebre lo scatto Guardia civile, con tre militari ritratti accecati dal sole, tutte le fotografie imprigionano una sincera potenza visiva nelle scene di vita quotidiana delle tessitrici, nei bimbi il giorno della prima comunione, nello sfruttamento minorile e nelle vecchie che stringono il loro velo scuro in gestualità femminile di ferro.

Una donna è la protagonista del saggio fotografico dell'anno successivo. Profondo sud americano quello della levatrice di colore Maude Callen, che con coraggio e dignità opera in condizioni dure attraversando strade di fango e sognando una clinica tutta sua. Non solo Smith evidenzia il ruolo della figura professionale, ma sul contesto sociale vuole affrontare il tema del razzismo. Incidere sulla realtà tramite il reportage si può: tra pubblico e inserzionisti di Life si raccolgono 18 mila dollari e la clinica verrà realizzata. La medicina nei luoghi di periferia è una costante. Aveva documentato nel 1948 il mestiere del medico di campagna, in Colorado. In Country doctor esce eroica la figura di Ernest Ceriani, sia nel tenere una tazza di tè dopo aver perso un paziente o nel camminare sotto la pioggia tirandosi dietro la valigetta.
In Gabon, nel 1954, Smith segue un altro medico: il filosofo e premio Nobel per la pace Albert Schweitzer. Coglie l'uomo, coglie le atmosfere di un'Africa che costruisce e lotta contro la lebbra. Al ritorno, Life lo esclude dall'ideazione dell'impaginato e lui si dimette. Si unirà all'agenzia francese Magnum, ma il primo lavoro sulla città di Pittsburgh diventerà un'ossessione e una sconfitta dichiarata: impossibile trovare per tutto il racconto l'ideale ritmo incalzante. Solo tentativi? Superbi. Come l'Operaio metalmeccanico e il Lavoratore dell'acciaio, occhiali e sudore tra fumo e fiamme, anime in una città con il cuore industriale.
C'è anche la guerra in mostra (nella miscellanea), al centro d'arte di via San Lucifero dal martedì alla domenica (dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 22). E in prima assoluta in Italia il reportage su Minamata del 1971, villaggio giapponese di pescatori avvelenato dagli scarichi industriali. Chi guarda questi scatti proverà, forse, la stessa lacerazione che contribuì alla nascita di una coscienza ecologica allora ancora assente. Smith ne era convinto: occorreva togliere la parola "oggettivo" al folclore del giornalismo. Anche la fotografia può cambiare il mondo.
MANUELA VACCA

26/07/2010