Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Passato e identità, Ulderico Pesce rilegge «Edipo re»

Fonte: La Nuova Sardegna
21 luglio 2010

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MERCOLEDÌ, 21 LUGLIO 2010

Pagina 35 - Inserto Estate


ROBERTA SANNA

CAGLIARI. Chini seu deu? E noi, chi siamo? Ulderico Pesce, maestro lucano di un teatro di narrazione e denuncia, chiarisce. Questo «Edipo Re» vi riguarda. Parla di recupero del passato e identità storica.
Ecco perché la tragedia di Sofocle, attraverso lo sguardo di Pasolini e la consulenza artistica del grande regista Anatolij Vasil’ev, decide di farla con i toni della narrazione in piazza, idealmente nell’ovile. Al pastore di Laio, che interpreta, affida il racconto della ricerca d’identità di Edipo disegnando nel Civico per «La notte dei Poeti», un cerchio di ferro, corde e enormi campanacci. Tutta verità, dice, 5000 bestie aveva Laio, un re che stava su una pietra e sapeva ascoltare, sposò Giocasta che quando cantava l’erba ballava. Ora, una nuova festa di nozze. Con Edipo, lo zoppo, il piedone, quello che sconfisse la Sfinge quando per la maledizione l’erba non c’era e i “campanazzi sacri” erano muti. Ma il pastore si è fatto mandare in cima al Citerone. Ha “inserrato” la bocca, per non dire quello che loro stessi non vogliono sapere: chi ha ucciso “lu tato” e dorme con la madre. Tiresia, come la Sfinge che invita a ballare, Pesce lo trova in platea. Dove resta per il discorso “del più famoso”, retorica del nuovo potere di Edipo. Che prende al volo la richiesta dell’oracolo. Trovare gli assassini diventerà il suo slogan. Ma perché non chiamò subito il pastore, testimone della morte di Laio, costringendolo a parlare? Si fa narratore e “ragionatore”, nei suoi “stasimi” al posto del coro, il pastore Ulderico. Mostra scene tragiche come quadri di un cantastorie, quasi mettesse tra virgolette teatro “d’allestimento”, recitazione stanislavskiana e toni accademici, la Giocasta febbrile e il duro e fragile Edipo di Maria Grazia Gorga (splendida interprete dei canti) e Maximilian Nisi, intorno alla bara/talamo di Laio. E invita nel suo teatro civile fatto di discorso diretto al pubblico, di bella lingua concreta e poetica, con pezzi di dialetto e biografia. Vi mescola sassofono, tastiera e ciaramelle (Stefano de Meo e Pasquale Laino dal vivo), canti grecanici e arberesch e altri frammenti dell’identità lucana. «Ci sono anche i vostri campanacci», fa’, scoprendo affinità tra Sardegna e Basilicata.
E al disvelamento finale, insiste: “voglio cantare prima una canzone”. Sono importanti quelle canzoni (in greco antico e albanese) come il latte versato in scena e il tinnire dei campanacci, segni di una comunità preindustriale e armonica. Ecco cosa andrà a cantare, accompagnato dal pastore, raccontando la sua storia, l’Edipo accecato e nomade. «La notte dei poeti» stasera propone «Alcesti mon amour» da Euripide con Micaela Esdra, regia di Walter Pagliaro. Domani ospita Elio Germano in «Thom Pain» di Will Eno.