Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Edipo re, mito moderno

Fonte: L'Unione Sarda
20 luglio 2010


Lo spettacolo di Ulderico Pesce al Civico

Ulderico Pesce, affabulatore lucano che conserva la memoria della natura e della polis, nel suo teatro di impegno civile. Recupera il mito della tragedia di Sofocle e lo modernizza. Cerca un'originalità, innestando il tema della pastorizia su quello dell'identità e della memoria. Originale il suo spettacolo, anche se qualche classicista potrebbe storcere il naso a vedere l'Edipo re che, dopo l'anteprima di Volterra, ha debuttato al Civico di Cagliari nello scorso appuntamento della Notte dei Poeti.
Nella messinscena del direttore del Centro mediterraneo delle arti si inizia ridendo. «Chi sono io?» la domanda, in lingua di Sardegna, rivolta al pubblico. Si procede nel moto drammatico dopo un gioco con la platea e il richiamo alla Sfinge che teneva in scacco la città di Tebe prima della morte di re Laio. Attori senza amplificazione? Gli spettatori apprezzano la resa voluta dal regista. Pesce interpreta il pastore che parla la lingua della sua terra e narra la vicenda. Maria Letizia Gorga indossa le vesti (di lutto, di festa e di nuovo di lutto) di una Giocasta anche sfacciata, arsa di desiderio personale nelle parole e atavicamente corale nei canti. Maximilian Nisi è Edipo, tirannico. Persino un po' più violento del previsto. Stefano De Meo (tastiere) e Pasquale Laino (fiati) sottolineano musicalmente l'ambiente e i canti arberesch e grecanici dei protagonisti. Quella è una Tebe sotto casa per l'attore nato a Rivello, in provincia di Potenza. Lo suggerisce la parlata dialettale del suo pastore (non quella di Giocasta ed Edipo, a palazzo, distanti dai pascoli). E lo disegna lo scheletro scenografico del tempio da cui pendono, simbolo di mandrie e di contatto con una terra percorsa dal lavoro, grandi campanacci.
Dentro uno di questi il suo pastore arriva a infilare la testa. Un'adesione totale rimarcata dai campanelli più piccoli indossati: a ogni movimento scandisce un'identità chiara da subito. Edipo, che è vittima nella mitologia dell'uccisione del padre Laio e dell'accoppiamento con la madre Giocasta, dovrà scoprire chi sia in realtà. Non aveva visto? Il fato gli imporrà di abbracciare una cecità fisica.
Altro oggetto scenico eccellente la bara di Laio, luogo della memoria violata (l'incesto tra figlio e madre) e set dei flash back che concretizzano il recupero del passato. Qualche passaggio ancora da governare nella messinscena, ma la rilettura sofoclea nel testo denso di studi antropologici, i segni della trasposizione cinematografica pasoliniana, la regia e gli interpreti qualificano un prodotto teatrale tutt'altro che ordinario.
MANUELA VACCA

20/07/2010