Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Cagliari, Milia confermato presidente

Fonte: L'Unione Sarda
15 giugno 2010


Clamoroso tonfo di Farris, il centro destra perde 42 mila voti

 La Provincia di Cagliari resta nelle mani del suo presidente. Se la Regione, il capoluogo e, da quindici giorni, anche il comune di Quartu sono feudi del centro destra, in mezzo rimane ben salda la poltrona di Graziano Milia. Ha vinto lui, il professore di italiano, l'uomo che tiene il Pd aggrappato a qualcosa da governare. O forse ha perso il suo rivale, Giuseppe Farris, capace - si fa per dire - di passare da oltre 99 mila voti a poco più di 56 mila. Uno scivolone da incubo, per l'assessore della giunta Floris, spazzato via (parole sue) «dall'astensionismo e dal tafazzismo». Chissà in quale ordine.
COSA È SUCCESSO A Cagliari è scesa in campo l'alleanza che guida la Regione, nessuno escluso. Un cartello di partiti che ha funzionato benino al primo turno (Farris aveva parlato di successo sicuro al primo turno) perché c'erano i candidati a spingere. In queste due settimane che hanno diviso il primo turno dal ballottaggio, una sorta di tempi supplementari dove notoriamente può accadere di tutto, c'è qualcuno (quasi tutti, secondo l'entourage dello sconfitto) che si è addormentato, pensando che quel 46 a 33 (per cento) potesse bastare. Invece è andata diversamente. Perché Graziano Milia ha perso solo 10 mila voti, in queste elezioni che hanno suscitato interesse pari a zero, mentre Giuseppe Farris ne ha lasciato per strada oltre 42 mila. Oggi conosceremo la valutazione del vincitore, che ha scelto Roma (come la sera del 31 maggio) per aspettare il responso delle urne. Ieri sera ha parlato lo sconfitto, da solo nella sala del suo quartier generale. Due mesi fa, c'erano tutti i leader, seduti su un carro che allora sembrava una corazzata.
IL VINCITORE «Grazie a tutti». Milia si è nascosto, ieri, e chi lo conosce bene se l'aspettava. Ha parlato (come fa spesso, come altri candidati) attraverso Facebook. Poche righe: «In memoria di un maestro che non ho più, Pinuccio Serra, e di un amico che mi manca, Tonio Lai». Non solo, perché Milia ha scelto di allargare la sua dedica a quella parte di elettorato ai margini: «Un pensiero ai più sofferenti e a tutti coloro ai quali questo mondo così difficile corre il rischio di togliere la speranza del futuro. Vi abbraccio dimmonias e dimmonios, il merito è tutto vostro». A Roma ci è andato col figlio Antine, segnale di grande distacco dal caos dello spoglio, o magari di sicurezza dopo aver sentito l'aria intorno a lui. In linea col principio della vicinanza agli esclusi, magari ai lavoratori più in difficoltà, Milia ha convocato per oggi alle 10.45 una conferenza stampa di analisi del voto davanti ai cancelli dell'azienda Vol 2, in via Calamattia, un call center in predicato di chiudere.
Per il presidente, ha parlato Tore Corona, portavoce e coordinatore della sua campagna elettorale: «Il voto registra una riconferma importante per Milia, era sinceramente un risultato insperato, pochissimi ci credevano». Secondo Corona «la nostra proposta si è rivelata più forte, incisiva, quella di Farris era debole, poco credibile, non ha trovato riscontro nell'elettorato. Sono andati a votare quelli che volevano che Milia restasse presidente». Impossibile negare che si sono espressi due elettori su otto, percentuale catastrofica: «Il nostro risultato si confronta con un problema che presenta il sistema politico in generale. L'astensionismo è un segnale forte di questa difficoltà, lo registriamo ancora dopo le regionali e le europee. Noi pensiamo che il non voto si possa combattere tornando a occuparsi delle persone, questo è il nostro impegno. Torniamo a pensare e a lavorare per la gente».
LO SCONFITTO La faccia di chi non può crederci, intorno a lui uno sconforto da tagliare a fette. Giuseppe Farris era sicuro di farcela, negli ultimi minuti di spoglio al primo turno continuava a distribuire ottimismo ai suoi, fornendo dati che lo davano vincente. Chissà se dentro di lui temeva un secondo turno insidioso: «La responsabilità è mia», dice, guardando nel vuoto, «credo che la coalizione mi abbia aiutato». I suoi, con una percentuale alta di under 30, gli tributano un applauso quando apre la conferenza stampa. «Una sconfitta decisa dalla grande astensione, ho perso a Cagliari e a Quartu, le due maggiori città della Provincia, lì ho ceduto rispetto al primo turno. Negli altri Comuni, invece, ho tenuto». Ci si chiede perché, se lo chiedono dirigenti e assessori del comune di Cagliari, prova a trovare una spiegazione proprio lo sconfitto: «Certamente molti elettori hanno ritenuto che il ballottaggio fosse un voto superfluo». Il popolo del centro destra - in questa provincia dove la città è tutto o quasi - anziché sostenere Farris ha scelto di fare altro. E non si può chiamare in causa il bel tempo, perché domenica e lunedì il sole si è visto davvero poco. «Il dato dell'astensione deve far riflettere, comunque mi assumo la responsabilità della sconfitta, così come nel primo turno avevo rivendicato la vittoria personale», con quei 5 mila voti in più rispetto ai partiti della coalizione.
Farris è stato lasciato solo, neanche un leader nazionale a supportarlo rispetto alla sfilata di big (Bersani, D'Alema, Letta, Vendola e Finocchiaro) che hanno suonato la grancassa per Milia. Un ministro di secondo piano (Meloni) per Farris e tanta buona volontà dei coordinatori provinciali e locali, una campagna elettorale poco mediatica dove le idee di un creativo come Claudio Velardi evidentemente non hanno spostato gli equilibri.
Farris ha parlato, con un sorriso al veleno, di “tafazzismo”. Tafazzi era un personaggio televisivo e teatrale interpretato da Giacomo Poretti, del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, che aveva una caratteristica: il masochismo. Saltellava colpendosi le parti basse con una bottiglia di plastica, gesto che gli procurava piacere. L'allusione di Farris è chiara: il Pdl ha voluto imitare il Pd, spaccandosi e regalando il successo agli avversari. Il senatore del Pdl Piergiorgio Massidda, rimasto fuori dalla cordata e capace di acchiappare il 9 per cento al primo turno, è nominato con fatica: «Non ci siamo apparentati in questo secondo turno per ragioni di coerenza, non potevo schierarmi con chi aveva un programma di due pagine». Non solo, perché sulla presunta fuga di voti dall'area Massidda a quella di Milia, Farris dice: «Abbiamo letto che almeno due partiti dell'alleanza che sosteneva Massidda avrebbero votato per Milia, abbiamo anche notato che alcuni sostenitori del senatore sono comparsi in seguito alle assemblee del candidato del centrosinistra». Insomma, fiumi di veleno e siamo solo all'inizio. «A Milia ho mandato subito un messaggio di auguri di buon lavoro», ha detto lo sconfitto, «non so se continuerò a fare l'assessore o il leader dell'opposizione in Consiglio provinciale». I ruoli non sono incompatibili, sarà il partito a decidere.
LA RESA DEI CONTI Già, il partito. Cagliari - inutile nasconderlo - era un test anche per la direzione del Pdl. Il rifiuto sofferto di coinvolgere Massidda nella cordata per la Provincia, il ripescaggio di Farris dopo la (presunta) tentazione Floris, le sei province che restano al centrosinistra, l'impegno con il leader nazionale Silvio Berlusconi di allineare la provincia di Cagliari al Comune e alla Regione: se da Roma dovesse arrivare il conto, a doverlo pagare saranno inevitabilmente i vertici. Certamente, dietro la battuta del tafazzismo si nasconde un profondo risentimento per Massidda, bersaglio nei prossimi giorni di un fuoco ad altezza d'uomo. Ma con Farris ha perso il centro destra più noto, più forte, più attrezzato, ed è questo il segnale da decifrare. Non era bastato il crollo del Pdl al primo turno per far scattare l'allarme. Convincere Berlusconi che la scissione targata Massidda ha causato il disastro non sarà facile.
IL SENATORE Ma Massidda non sembra temere ritorsioni. Ieri sera ha ribadito di essere «un senatore del Popolo della Libertà, tra i fondatori del centro destra sardo, uno dei cento fondatori del Pdl nazionale». Il risultato dei ballottaggi, ha sottolineato, «mi rattrista». Poi il segnale che è pronto a confrontarsi: «Le previsioni fatte 45 giorni fa, di persona e per iscritto, al presidente Berlusconi si sono avverate completamente: il forte astensionismo, favorito da scelte inadeguate a destra come a sinistra, non può essere un alibi per giustificare l'attuale situazione, serve una forte riflessione di tutta la politica sarda». Il Pdl: «Ci vuole maggiore democrazia e partecipazione della base». Una base che non è più solida, lo hanno detto gli elettori.
ENRICO PILIA

15/06/2010