Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Cagliari sotto le bombe Piludu mette in scena i giorni tragici del ’43

Fonte: La Nuova Sardegna
14 giugno 2010

LUNEDÌ, 14 GIUGNO 2010

Pagina 23 - Cultura e Spettacoli

Il punto di partenza è un documentario che alterna testimonianze e immagini dell’epoca spesso molto crude

GIANNI OLLA

Nel giugno 1943 s’attenuò la furia alleata nei confronti di un’isola risparmiata, fino all’anno prima, dai massacri della seconda guerra mondiale. I bombardamenti di città e paesi, che avevano avuto inizio nei primi mesi dell’anno, si diradarono concentrandosi esclusivamente su obiettivi militari: porti e aeroporti.
Per qualche decennio, nonostante le migliaia di morti e le visibili ferite - nei quartieri storici di Cagliari ci sono ancora gli spazi vuoti degli edifici distrutti dalle bombe dell’aprile e del maggio - l’argomento è stato quasi un “tabù”. La distinzione tra alleati buoni e nazifascisti cattivi teneva il ricordo dei lutti e dei disastri sul piano prettamente individuale, E d’altronde lo storico francese Marc Ferro ha scritto che l’Italia fu l’unico paese in cui i bombardamenti alleati ebbero un qualche effetto sfavorevole al regime, peraltro ormai totalmente screditato. È solo da pochi anni che la memoria sta diventando collettiva: un tassello importante della storia sarda e in particolare del suo capoluogo.
L’ultima testimonianza raccolta in un bel documentario di Pier Paolo Piludu, “Cagliari 1943: la guerra dentro casa”, è, appunto, emblematica di un ricordo ormai diventato immaginario collettivo: «Sembrava di essere in un film... ma in un brutto film». Altri racconti dell’orrore si susseguono nel filmato: lo scenario delle centinaia di morti sparsi nelle strade e caricati frettolosamente sui camion, o i treni presi d’assalto per arrivare più lontano possibile, o le lunghe file dei “profughi” che cercavano un rifugio nei paesi del circondario, da parenti e amici. Forse, dentro questi ricordi, c’è una sceneggiatura da scrivere, non per scacciare il ricordo del “brutto film”, ma per il dovere di affabulare una parte dimenticata della seconda guerra mondiale. Dopotutto, anche in letteratura, oltre al recente “Mal di pietre” di Milena Agus, c’è un solo altro esempio della presenza dei bombardamenti del 1943 nella letteratura regionale. Sta in “I passeri” di Giuseppe Dessì ed è molto significativo, visto che a stupirsi e a lamentarsi della “crudeltà” senza ragione dei liberatori tanto attesi, sono gli antifascisti, vecchi e nuovi, a cui apparteneva anche lo scrittore.
Nato come ricerca finanziata dall’Università, dall’Istituto Superiore Etnografico di Nuoro, dal Comune di Cagliari, dalla Cgil e dalla municipalità di Pirri, il progetto della compagnia Cada Die Teatro ha archiviato centinaia di testimonianze poi montate da Marco Gallus in un corto di venti minuti. È stato proposto, per qualche mese, in abbinamento ad una teatralizzazione messa in scena dallo stesso Piludu con attori non professionisti. La cornice è costruita appunto sulla drammatizzazione delle vicende individuali, ed ha un bel finale con il plastico in mattoncini del centro di Cagliari che si sfalda in mezzo ai sopravissuti. Il prima, anche nella scena, è l’illusione di una Sardegna felice, con il Mussolini protettore, dove arriva appena l’eco della guerra, il dopo è il tragico risveglio. Forse, in questa disperata astensione, che riguardò la maggioranza degli italiani, ci fu un’eccessiva fiducia nella fine del conflitto provocata da qualche bomba. O forse, come accadeva a Cagliari, nessuno pensava seriamente che quel ricognitore alleato, chiamato scherzosamente Pippo, sarebbe stato l’avanguardia della distruzione.
In ogni caso, com’è accaduto per l’Olocausto, il lutto ha avuto una lunga elaborazione: scontate le annuali celebrazioni religiose e civili, il ricordo dei bombardamenti si è affidato per molti anni al sussurro di qualche genitore che, incontrando un conoscente senza un arto, spiegava al figlio, senza dare troppo peso all’accadimento, che l’aveva perso in un bombardamento durante la seconda guerra mondiale. Curiosamente, lo stesso Piludu, ha ricordato che molti studenti di oggi continuando ad accennare a quegli eventi come una sorta di leggenda metropolitana, salvo stupirsi per le ritrovate memorie individuali e soprattutto per la documentazione, anche fotografico e filmica, di una lunga sequenza di morte che coinvolse, fino all’armistizio dell’otto settembre, Cagliari, Alghero, Villacidro, Monserrato, Sant’Antioco, La Maddalena, Carloforte, Gonnosfanadiga. Le incursioni aeree furono centinaia, condotte con imponenti stormi di bombardieri e con una potenza di fuoco che non poteva e non voleva risparmiare i civili. Nessuno è stato in grado di dare una spiegazione accettabile a questa furia nei confronti di un’isola strategicamente insignificante. Faceva parte della celebre tattica di depistaggio che avrebbe dovuto persuadere tedeschi e italiani che lo sbarco, poi attuato in Sicilia, sarebbe avvenuto in Sardegna? Oppure era la semplice strategia del terrore, inventata dai nazisti nel 1937 con il bombardamento di Guernica e dai fascisti in Africa?