Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Walter Fraccaro, Chénier son io

Fonte: L'Unione Sarda
18 luglio 2008


Lunedì il tenore veneto debutterà nel ruolo al Teatro Lirico di Cagliari
Un imprenditore edile in meno in Veneto e un tenore in più nei teatri del mondo. È la storia singolare di Walter Fraccaro, che lunedì alle 21 debutta al Lirico di Cagliari nell'Andrea Chénier di Umberto Giordano. È la storia di un giovanottone, diplomato geometra, che un giorno lontano accetta di provare a cantare nel coro della sua città, Castelfranco, e ci prende gusto. Cercano rinforzi per il concerto di Natale e lui ci prova. Che sarà mai? Il resto è noto a chiunque ami la lirica: una carriera in grande ascesa che lo porta da quindici anni nei teatri più prestigiosi. «Per la verità», confessa, «non è stato un colpo di fulmine, ci ho messo almeno un anno prima di decidermi ma poi, spinto da mia moglie, ho fatto il salto. Ed eccomi qui».
Eccolo nel camerino del Teatro Lirico di Cagliari, accanto ai costumi di scena e alla parrucca del primo atto «che poi butterò per aria, scegliendo un'altra vita». Eccolo accanto a Donatella, una veneziana dolce e tosta col volto leggermente abbronzato dal sole di Cagliari. Si conoscono da ragazzini, si sono sposati giovanissimi e insieme hanno affrontato la nuova vita. Due figli, Fabio e Claudio, di 25 e 23 anni, Walter e Donatella vivono oggi un'esistenza appassionante fatta di viaggi, studio, «a volte persino troppo», emozioni.
Un metro e 86 di altezza e due occhi chiari che raccontano tutta la sua timidezza, Fraccaro è al secondo debutto cagliaritano (il Des Grieux della Manon di un anno fa e l'Andrea Chénier di oggi) e alla terza recita nel teatro di via Santa Alenixedda. «Venni nel 2003 con Aida. E fu così che conobbi Maazel». Tra i più apprezzati Radamès del momento, (due anni fa sostituì lui Roberto Alagna alla Scala), ha debuttato prestissimo nel ruolo verdiano. Era il 1994, a Pittsburgh, e Fraccaro aveva appena intrapreso il suo percorso artistico, forte di tre importanti riconoscimenti, il Concorso internazionale Francisco Vinas a Barcellona, il Placido Domingo come miglior tenore e e il Monserrat Caballè come miglior interprete verdiano. Sarà ancora Radamès nell'Aida di Medcalf che ritorna la prossima estate a Cagliari. Poi chissà. «A Venezia stanno insistendo per farmi fare Otello, ma io non ho fretta. E non voglio più fare debutti per un po'. Ho già una trentina di opere in repertorio, quasi tutto Verdi: La Forza del Destino, Attila, Trovatore, Traviata. Anche se da qualche tempo non me la offrono più. Perché? Non ne ho idea, forse vogliono voci diverse, tenori più lirici». Così si consola con Puccini (La fanciulla del West, Manon, Tosca, e presto una Turandot a Tokio. E ancora Aida. «Prestissimo all'Arena di Verona, e tra un anno a Marsiglia, Trieste, Berlino con Baremboim, e alla Scala, ancora con Baremboim».
Amante della storia e dei libri antichi («ne ho uno preziosissimo che riguarda Verdi e ho persino paura di farlo restaurare»), ama la campagna e la vita semplice. «Noi cantanti siamo come trapezisti senza rete». Spiega che la vita di un tenore somiglia a quella di un atleta. «Bisogna mantenere un fisico sano, stare attenti al caldo e al freddo, allenarsi continuamente. Prendersi cura della voce, e usarla al meglio. Quando ho cominciato a cantare qui in Italia volevano subito Aida, Forza del destino, Ernani, ma uno che sta cominciando non può! Così ho trovato un manager spagnolo bravissimo, Miguel Lerin, e ho iniziato con Nabucco, Traviata Macbeth, il Requiem di Verdi, e Tosca. Devi trovare manager che ti vogliano bene, che capiscano la tua voce e non ti buttino nella fossa. La fortuna non serve se non è unita all'intelligenza, oltre che al talento e alla voce». E racconta dell'importanza nella sua vita di incontri con mostri sacri come Carlo Bergonzi («un mio punto di riferimento») e Leo Nucci: «Mi ha insegnato che bisogna sempre cantare, anche durante le prove. A Marsiglia, eravamo insieme in Un ballo in maschera, mi diceva sempre: «Canta che ti abitui. Aveva ragione. Non cantare in voce è dannoso, ti sballa i fiati, ti confonde».
Canterà in voce anche domani, Fraccaro, nella prova generale, in attesa della prima di lunedì alle 21. E giura che la sua timidezza sparirà non appena entrerà in scena, con il costume di Andrea Chénier. «Mi capita sempre così. Mi basta mettermi nei panni del personaggio e tutto diventa magicamente vero». Stasera alle 19, nel foyer di platea, il musicologo Cesare Orselli presenterà l'opera, messa in scena da Giancarlo Del Monaco, diretta da George Pehlivanian e assente da Cagliari (Anfiteatro romano), dal 1992.
MARIA PAOLA MASALA 18/07/2008