Alle Provinciali torna in gioco il primato fra Pdl e Partito democratico
UMBERTO AIME
CAGLIARI. Il primo giro della campagna elettorale è stato autoreferenziale. Brutto, ma inevitabile: erano troppe le divisioni nelle due coalizioni regine, centrosinistra e centrodestra, perché progetti, discorsi e programmi potessero avere il sopravvento a maggio. Per fortuna, il peggio è passato. Una settimana prima del decisivo ballottaggio, bene o male, le ribellioni intestine sono rientrate o comunque adesso fanno molto meno rumore. C’è stato anche un altro fattore decisivo nel cambio di registro da una campagna all’altra: in nessuno dei due poli ci sono stati accordi dell’ultim’ora. Il mercato delle poltrone è stato risparmiato ad elettori già sfiduciati di loro. Ottima scelta e il cui merito va attribuito non solo a chi al secondo turno c’è arrivato, ma anche agli sconfitti del primo: c’è stato finalmente un sano dosaggio di coerenza. Giuseppe Farris del Pdl, che parte in vantaggio, e Graziano Milia del Pd, i due contendenti, non sono impazziti e non hanno fatto impazzire nessuno nell’inseguire gli apparentamenti con questo o quello. Entrambi, con saggezza, hanno capito che c’era bisogno di una sterzata dopo essere stati tutti e due sconfitti, insieme a molti, da un solo partito di maggioranza: l’astensionismo, che a maggio si è materializzato con un preoccupante 60 per cento. Ecco perché insieme, seppure da fronti contrapposti, hanno ricominciato a parlare di problemi quotidiani. Precariato, lavoro, imprese e decentramento sono stati finalemente gli argomenti all’ordine del giorno. Oltre alla saggezza detta e riconosciuta, è stata la gente a trascinare, o a costringere, i due candidati (e dunque la politica) alla realtà dei fatti. È bastato che i dipendenti di un call center si mettessero a gridare piu forte quanto risaputo da anni, cioè il dramma di chi non ha certezze e futuro, perché un candidato e l’altro si facessero avanti con soluzioni praticabili quando chi vincerà dovrà governare. Oppure è stata sufficiente una nuova zoomata sulla crisi economica, reale anche questa, perché gli stessi due riempissero in giornata la lista delle cose da fare subito, per evitare che le imprese continuino a sprofondare. Certo, le proposte sono state diverse, ma questa è proprio la bellezza del dibattito politico. Che è capace di appassionare ancora quando il confronto non è su poltrone e potere sottobanco, ma su quanto la gente dice, chiede o ha bisogno di dire e chiedere semmai attraverso la voce autorevole dei loro sindaci. Questo secondo giro obbligato di campagna elettorale, ha così riacceso un nuovo entusiasmo. Si badi bene, nulla di clamoroso, per rivedere la partecipazione ci vorrà ancora del tempo, ma qualcosa si è mosso. Ed era quello che ci voleva per sconfiggere e provare farlo sin da domenica il peggiore dei partiti: quello dell’indifferenza apparentata con la rassegnazione.