Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

L’Indiana Jones cagliaritano che scopre i tesori sardi nascosti

Fonte: La Nuova Sardegna
24 maggio 2010

SABATO, 22 MAGGIO 2010

Pagina 1 - Cagliari


ROBERTO PARACCHINI

CAGLIARI. Non si sposta mai con l’aereo. «Amo il percorso come viaggio, per conoscere, curiosare e vedere che cosa capita nei Paesi che attraverso», afferma Dante Crobu, antiquario, esperto d’arte che oggi alle 10 nel museo diocesano presenterà al pubblico un prezioso retablo del Cinquecento, della scuola stampacina, recuperato alla Sardegna e a Cagliari dalla Germania. Ultima fatica «resa possibile anche grazie a un gruppo di finanziatori appassionati d’arte».
La passione per l’arte, Crobu l’ha maturata soprattutto a Firenze dove si è laureato in lettere. Aveva scelto quella città intrigato dagli studi fatti a Oristano, nell’istituto d’arte voluto a suo tempo da Francesco Ciusa. Ma l’idea di diventare un antiquario si formò quasi per caso. «Un giorno - racconta - entrai in un negozio specializzato in opere d’arte. E vidi che c’erano anche quadri di autori che si trovavano nei musei cittadini». Allora si accese una lampadina. «E iniziò a rodermi l’idea del possesso - spiega - non quella feticistica, però, di chi vuole il quadro tutto per sè, bensì quella di chi desidera ammirare (ho una piccola collezione personale), ma anche socializzare».
L’antiquario è anche un segugio, uno che annusa le tracce. «Occorre, però, una rete di contatti, che si forma col tempo. Se ricevi una telefonata devi sapere subito se è degna di nota, oppure no». Poi c’è la preparazione e lo studio. «Appena vedi un’immagine è importante capire subito il periodo, la scuola e, possibilmente, l’autore».
Oltre al retablo, tra le ultime conquiste ci sono i quaderni di Jean Baptiste Barla, botanico francese dell’Ottocento, annoverato tra i grandi viaggiatori che, come La Marmora, visitarono e illustrarono la Sardegna. Ed è qui che intervenne Crobu che sapeva dell’esistenza di questi taccuini, «ma non dove fossero». Finchè un giorno una amante dell’arte sarda «generosamente mi segnalò che i quaderni erano in possesso di una collezionista di una città d’oltre Tirreno (l’antiquario non rivela quale - ndr)». E così iniziò la trattativa che ha portato all’acquisizione del materiale. «Si tratta di taccuini per complessive trecento pagine, di cui 147 composte da illustrazioni. Con la pignoleria del botanico - sottolinea Crobu - Barla ci ha lasciato tanti disegni, schizzi, acquarelli e diverso altro materiale sui costumi, le usanze, le feste di Cagliari, Sassari e diversi altri luoghi della Sardegna».
In questi casi il timore è che il materiale venga smembrato: un’illustrazione può essere sottratta per fare un quadretto e aumentarne il valore. «Ma per fortuna siamo arrivati prima e un mese fa abbiamo salvato l’unità di questo importante reperto sulla Sardegna». Ora l’idea è quella di farne una mostra e un libro che ripercorra tutte le parti migliori dell’opera. L’ultimissimo ritrovamento riguarda sei vedute inedite della Sardegna di un importante pittore piemontese. Ma l’operazione non è ancora conclusa e il segreto è anche sul nome. «In questo caso ci sono anche tutte le tavole che portano all’acquarello, che permettono di gustare l’emozione dell’autore e del suo processo di costruzione dell’immagine. L’assessore comunale alla Cultura Giorgio Pellegrini aveva saputo che l’opera si trovava a Cagliari e pure lui temeva che venisse scomposta».
Il recente furto, avvenuto a Parigi, di Picasso, Modigliani e Matisse mostra come «il nostro ambiente sia composto anche da un ampio mercato illegale. E può capitare che ti propongano qualcosa di poco chiaro. Allora ti devi fermare, non conviene mai proseguire, da nessun punto di vista. Per la Sardegna è capitato che vi siano stati commerci di questo tipo per i bronzetti nuragici». A suo tempo Crobu era stato coinvolto per otto tele rubate alla chiesa di Santa Croce, «che io le avevo comprato regolarmente con tanto di certificazione da parte del ministero. Poi sono stato prosciolto».
La prima opera acquisita da Crobu è una tavola toscana, di San Giovannino, del Cinquecento. «L’ho tenuta per me, accompagnata da una lettera di Federito Zeri: l’avevo comprata a Roma, in una galleria». Poi l’antiquario mette le mani avanti: più che avventura, questo lavoro richiede pazienza, studio e tantissimi contatti. E fiducia: se non hai autorevolezza non vai avanti. Si tratta di un mercato molto particolare, fatto di esperti, ma anche di persone poco serie che bisogna saper subito evitare».