Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Cagliari, metropoli e povertà

Fonte: La Nuova Sardegna
21 maggio 2010



Le contraddizioni di una provincia percorsa da una crisi profonda


UMBERTO AIME

CAGLIARI. L’area metropolitana è sempre e solo sulla carta, errore clamoroso. Le coste da Villasimius a Pula sono sature: molto cemento, pochi servizi. Va peggio nelle zone interne, da quelle parti è cresciuta la lista dei comuni prossimi allo spopolamento. Cagliari è una provincia una e trina, queste sono le sue facce. Continua a essere zeppa di contraddizioni economiche e sociali, in cinque anni è cambiata poco o nulla. Come nel 2005 va avanti ancora a strappi: ha grandi accelerazioni, o prova ad averle, seguite da cadute rovinose.
L’economia è in crisi, i consumi si assottigliano, aumenta la povertà, cresce il numero dei disoccupati, seimila posti di lavoro in meno nel 2009, questi erano e questi restano i suoi mali. Con cinismo economico, messi uno dopo l’altro dall’ufficio studi del Banco di Sardegna: ritardi nelle sfruttamento delle infrastrutture produttive, scarsa propensione all’export, carenze nei servizi, offerta turistica sottodimensionate, mancato coordinamento fra enti locali, insufficienza nel marketing e nella formazione delle nuove generazioni. Sono sette punti di debolezza, come sono sette i peccati capitali. Espiati con un reddito pro capite che supera appena i mille euro al mese. Con un tasso di disoccupazione oltre l’undici per cento, sono ben ventiseimila i senza lavoro, con alle spalle un plotone di precari. Con una popolazione sempre più affollata nell’hinterland Cagliaritano, dove i servizi non crescono e la forbice ricchi-poveri è sempre più larga. Sarebbe facile dire: è un disastro.
Forse è vero quando lo sguardo finisce sulle zone interne - Gerrei, Sarcidano e Trexenta - dove gli indicatori economici e sociali sono in caduta verticale. Da queste parti è ripresa forte l’emigrazione verso una speranza che si può chiamare Cagliari (un’illusione), Continente, o ancora più lontano, Europa.
Dal 2005 a oggi la situazione è peggiorata, perché è il sistema, nel suo insieme, a essere finito sotto la linea di galleggiamento. Un dato su tutti: solo a Cagliari la Caritas assiste quasi tremila famiglie e le nuove povertà sono in aumento. Sembra il racconto di un declino fatale. Eppure ci sono almeno sei punti di forza su cui poter far leva, così scrive la Camera di commercio: dinamica imprenditoriale almeno nei progetti, alcune eccellenze infrastrutturali, lo sono il porto canale in ripresa e l’aeroporto. E ancora: buona integrazione sociale con gli immigrati, collocazione strategica al centro del Mediterraneo, regalo della natura finora sfruttato male, discreta sinergia tra il territorio e l’alta tecnologia. Su queste specificità bisogna credere, per evitare che continui, come denunciato a gran voce da sindacati e Confindustria, lo scivolamento verso il baratro. Con un ultimo rischio: la rassegnazione.

Massidda: «Contro i poteri forti»

Senatore del Pdl, ribelle, ha detto quattro volte no a Berlusconi: «Sono sceso in campo per chiedere più democrazia nel partito»



CAGLIARI. Coraggioso o sventato? Chi è davvero il senatore Piergiorgio Massidda: fondatore di Forza Italia e del Pdl poi, adesso avversario a domicilio del centrodestra con cui ha vinto le elezioni dal 1994 ad oggi? «Fra tutti i candidati presidenti - dice orgoglioso - sono l’unico portato dalla gente. Senza guardare a sinistra, altri sono stati invece imposti dai poteri forti e grigi del mio partito. Volevano farmi fuori, non ci sono riusciti. Eccomi».
- Ammetta, è una testa calda.
«No, ho solo rispettato la volontà degli elettori. Merce rara di questi tempi».
- Addio amici, li ha tutti contro. Ha detto no persino a Berlusconi.
«È vero. Quattro volte».
- Esagerato.
«Sono stato sempre educato con il Cavaliere: scusami, ma non posso rinunciare».
- Altro che soldatino: è stato un duro.
«Non proprio, ho sofferto».
- Dire no al capo è sempre difficile, scomodo.
«Soprattutto se il Capo è Silvio Berlusconi. Un mito».
- È sempre stato un devoto, oggi rischia di passare per blasfemo?
«I miei rapporti con lui rimarranno ottimi. Sono altri ad aver fatto danni».
- Dei nemici parleremo dopo, che effetto fa contraddire il Cavaliere?
«Non mi sento un eroe. Gli ho detto solo, con cortesia, che applicavo alla lettera i suoi insegnamenti: prima gli interessi della gente, poi quelli del partito. E lo ridico: sono stati i miei elettori storici a chiedermi di ritornare a Cagliari dopo tre mandati alla Camera e due al Senato. Volevano essere aiutati e difesi dall’egemonia dei poteri forti nel Pdl».
- Riconoscente.
«Di parola. Dopo aver detto sì, non potevo deluderli».
- Davanti a tanto cuore, Berlusconi si è commosso?
«Di certo mi ha capito. Lui è un passionale, io lo stesso».
- Non tanto se subito dopo è andato per le spicce con un’offerta.
«Quella di sottosegretario alla Sanità? Il mio sogno politico. Mi ha tentato, è stato inutile. Dentro di me ho provato un grande dolore, ma sono orgoglioso di essere rimasto sulle mie posizioni».
- È vero che il giorno dopo, la segretaria del capo ha raddoppiato la posta: da sottosegretario a viceministro.
«Sì e ho rifiutato ancora».
- Con Berlusconi, rimarrà amico?
«Ci mancherebbe».
Chi sono quelli che lei chiama: i miei giustizieri?
«Verdini, Scajola e altri pezzi dell’apparato del Pdl nazionale e regionale. Ma credo che i primi due oggi abbiano ben altro a cui pensare. Non godo, sono molto preoccupato per loro».
- È stato vittima di un agguato?
«Purtroppo sì. Mi hanno fatto fuori qualche settimana dopo che, in una cena, il Cavaliere mi aveva detto: Piergiorgio, sarai tu il nostro candidato. Poco dopo, in una sola notte, i lupi grigi del Pdl hanno violato lo statuto e persino nascosto al Cavaliere i sondaggi che mi davano vincente. Altro che fuoco amico, mi hanno pugnalato alle spalle».
- Allora si è candidato: legittima difesa?
«No, sono qui per chiedere finalmente democrazia nel partito».
- Chi vincerà le elezioni provinciali?
«La partita è aperta. Sono o no l’uomo dei miracoli? Più volte, in passato, ho dimostrato qual è la mia forza: l’entusiasmo di chi mi vota».
- Leghisti compresi: imbarazzato?
«Perché mai? Sono alleati fedeli e passionali».
- Eppure, nella sua ribellione, sembra più Fini che Bossi.
«No. Sono il Nichi Vendola del centrodestra: lui ha sconfitto l’apparato del Pd, io farò lo stesso».
- Comunque, prima o poi sarà espulso dal Pdl: indesiderato.
«Vedremo. L’ultima parola spetterà a Berlusconi. Sì, a lui: il mio amico Silvio». (ua)


Farris: «Sono giovane e concreto»

Assessore comunale, è il candidato ufficiale del Pdl e dintorni: «Gli altri vanno soltanto a caccia di piccole vendette personali»

CAGLIARI. «Forte, concreto, giovane... come noi». Perché non “come voi”? Il candidato presidente del centrodestra ufficiale, Giuseppe Farris, il dubbio se l’è messo nel giorno in cui ha dato alle stampe il santino d’ordinanza. Ma il sofismo (noi o voi?) lo ha liquidato in fretta, allo specchio: «Io sono giovane, io sono forte, io sono concreto... come gli elettori che mi faranno vincere al primo turno. Sono uno di loro, loro sono come me».
- Se aggiungiamo esuberante, si offende?
«Non sono uno spaccone, sia chiaro. Per me parlano l’anagrafe, il passato da assessore comunale e la coalizione. Cominciamo. Ho 42 anni, dunque giovane. Secondo: come amministratore pubblico sono stato sempre concreto».
- Manca il forte?
«Sono o no il candidato del partito, il Pdl, che ha vinto tutte le ultime elezioni? È questa la mia forza. Politica, s’intende. Come se non bastassero Udc, Riformatori, Uds, Partito sardo d’Azione e Mpa, oggi con me ci sono anche i socialisti del Psi e ho il sostegno della Destra di Storace. È perfetto».
- Quasi: ha contro un agguerrito dissidente del Pdl, il senatore Piergiorgio Massidda.
«Parliamo di un singolo individuo uscito dalla coalizione per motivi personali, mentre io dalla mia ho la ragione politica».
- Eppure dev’essere un bel fastidio avere a che fare con un nemico in casa.
«In casa? Non sono io a essermi messo di traverso. Altri sono saltati nottetempo fuori dalla finestra, neanche dalla porta».
- E se dovesse perdere per colpa di Massidda?
«Impossibile. Il vento soffia dalla parte dell’unico e vero centrodestra. Vinceremo al primo turno».
- Se dovesse andare invece al ballottaggio?
«Mai chiederò, a chi oggi è fuori dall’alleanza, di sostenermi nell’eventuale ma improbabile sfida finale. Ripeto, credo molto nella coalizione, nulla nel mercato dei voti».
- Sicuro?
«Lo ridico: vinco subito. Non ci sarà bisogno di accordi frettolosi e apparentamenti spinti dalla convenienza».
- Da assessore comunale a possibile presidente della Provincia: perché?
«Per restituire autorevolezza a un ente che, con il centrosinistra, è diventato inutile, vuoto. Con noi, ritornerà a essere strategico per l’area metropolitana».
- Con i governi amici, al Comune e alla Regione, sarà più facile intendersi.
«Contano i fatti, meno, molto meno le amicizie. Ebbene, le cronache dicono che il centrosinistra in cinque anni ha prodotto poco. Anzi, nulla».
- Le sue proposte.
«La consulta permanente dei settantuno sindaci della provincia, per programmare e decidere assieme su traffico, territorio e lavoro, sono queste le priorità. Più una: spendere finalmente i finanziamenti che la Regione invece ha voluto indietro: colpa dell’immobilismo della Provincia e di Milia».
- Definisca i suoi avversari: Palomba è?
«Un ex presidente stanco».
- Milia?
«Un presidente uscente demotivato».
- Resta Massidda.
«Un senatore con la testa a Roma».
- Dica qualcosa anche su di lei, per par condicio.
«È ovvio: forte, concreto, giovane». (ua)