Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Nuova luce alla Madonna

Fonte: L'Unione Sarda
22 aprile 2010

Bonaria


Gli esperti lo avevano ipotizzato più volte. Ora c'è una ragionevole certezza: la statua della Madonna di Bonaria non sarebbe arrivata a Cagliari nel 1370, come vuole la leggenda, ma tra il 15° e il 16° secolo. La conferma è giunta durante il restauro conservativo cui è stata sottoposta tra novembre 2009 e marzo scorso assieme a quella di Sant'Efisio.
Questioni di valutazioni stilistiche e di materiali. Il legno, ad esempio, non è carrubo, come si pensava, ma ontano. Ontanus napolitanus, per l'esattezza.
AUTORE IGNOTO Ora quello che viene definito uno dei più straordinari esempi di sculture in estofado de oro in ambito Mediterraneo ha una carta d'identità più definita. Di autore ignoto (è stata attribuita - ricorda la coordinatrice del restauro Maria Passeroni - ad autori spagnoli, napoletani, fiamminghi, fiandro-borgognoni) è scultura di pregio per delicatezza d'intaglio e per la raffinatezza decorativa, indizi di una committenza di elevato rango che si rivolse - annota Passeroni - ad un'officina o a uno scultore di provata esperienza, probabilmente nel pieno della sua maturità artistica.
LE CONDIZIONI Anche in lei, come in Sant'Efisio, la devozione ha lasciato «considerevoli danni», come li definisce la restauratrice, Gerlinde Tautshnig. Le mani dei fedeli hanno consumato ed abraso la pellicola pittorica, la testa è stata bucata anche in tempi recenti con chiodi per inserire le corone, il corpo era pieno di graffi, incisioni, persino scritte. La cera della candela che ogni giorno viene cambiata aveva creato seri danni, i tarli avevano deturpato il legno, una crepa si era aperta sotto la spalla sinistra, le mani del bambino che porta in grembo erano consumate, e ciò ha dimostrato che un tempo la scultura era in posizione più bassa e accessibile ai fedeli.
L'INTERVENTO Realizzato in una sala messa a disposizione dai padri Mercedari, l'intervento (il terzo, i precedenti risalgono al 1957 e al 1997, ma quest'ultimo fu una sorta di pulitura) ha restituito alla scultura la sua integrità fisica ed estetica. Un intervento «minimo» che ha privilegiato la conservazione dell'opera e il ripristino dei colori originali, seppure (volutamente) con toni leggermente più chiari. Il risultato finale, scrive Gerlinde Tautshnig in un testo sul restauro realizzato dalla Soprintendenza, è la restituzione della scultura all'antico splendore. Certo è che la Madonna ha una luce mai vista prima. E che da ora in poi sarà protetta da una teca in vetro. (f.ma.)

22/04/2010