Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Atzeni, tra fughe e malinconici blues

Fonte: La Nuova Sardegna
19 aprile 2010


DOMENICA, 18 APRILE 2010

Pagina 42 - Cultura e Spettacoli

Al festival «Traghetti di poesia» Giancarlo Porcu ha presentato un ritratto inedito dello scrittore cagliaritano


In «Versus», muttetus inediti e la «Filastrocca di quando buttavano a mare i tram»

DANIELA PABA

CAGLIARI. Come Fleba in fenicio, Sergio Atzeni è tornato nei «Versus», pubblicati dalla casa editrice Il Maestrale e annotati con rigore di filologo e passione di critico da Giancarlo Porcu, durante «Traghetti di poesia», il festival dedicato alla poesia diretto dal poeta milanese Guido Oldani. Incastonata tra la presentazione di poeti sardi inediti (Valentina Neri, Alberto Cocco, Stefano Giuseppe Vacca) e l’omaggio al grande poeta milanese Franco Loi, la serata finale di venerdì del festival ha dedicato ad Atzeni poeta un incontro che ne ha rinnovato il rimpianto, tra i tanti innamorati delle sue fughe e della sua “cerca”, lette ad alta voce da Simonetta Soro.
La scrittura poetica accompagna per vent’anni il lavoro di narratore, ha spiegato Giancarlo Porcu e, a partire dalle poesie scartate dall’autore, risuona oggi illuminata e profetica: «una fuga/da non so cosa/ una cerca/ di non so cosa/ e dopo la fuga/ e dopo la cerca/ una sola certezza:/ non voglio tornare/ a casa,/ piuttosto/ se per caso o per errore/ o per stanchezza/dovessi risalire/sulla nave puzzolente/ e guardare nella notte/l’acqua nera e la bianca spuma/l’acqua nera e la bianca luna/ scintillante, suadente/ proverò il destino/ di Fleba il fenicio/ inghiottito dai gorghi?».
La gallina di Lovicu Lobina, ha ricordato il direttore del Maestrale, è viaggio di conoscenza alla ricerca di sé che dura dal 1976 al 1995, segnato ovunque dal rigore etico e da un continuo lavoro di rielaborazione per sottrazione, come risulta evidente dalla comparazione di edizioni successive e varianti che il volume mette a disposizione in apparato.
Come Eliot della «Terra desolata», come Pavese di «Lavorare stanca», la poesia di Atzeni non teme il verso lungo perché è forte di uno sguardo epico. Se inveisce irriverente contro «Attila che incombe e mostra i canini neri», trova consolazione alla malinconia nella musica, come titola la prima sezione «Mi basta saper suonare a malapena una tarantella», seguita dal poemetto «Due colori esistono al mondo, il verde è il secondo» che racconta un viaggio alla scoperta di Van Gogh e dei suoi colori. La raccolta chiude con la «Filastrocca di quando buttavano a mare i tram», dedicata alla nonna e pubblicata in edizione limitata per pochi amici.
Ma «Si tratta in realtà - ha chiarito Porcu - del rifacimento di «Quel maggio 1906», l’opera teatrale dedicata all’insurrezione cagliaritana che Atzeni scrisse nel 1976, e di cui esiste un dattiloscritto rimaneggiato nel 1986.
Dei «Versus» sorprende la poesia in sardo che Atzeni raccoglie in «Zerezas, is storieddas e is kantus de amorau» i muttettus già dal 1986.
«La passione per i muttetus - ha spiegato Giancarlo Porcu - porta Atzeni a fare una sorta di patchwork di versi altrui che rinnovano la tradizione. In una lettera a Paolo Collo, direttore per Einaudi, propone la pubblicazione di 21 muttetus che traduce, con gesto coraggioso, perché ci credeva». Così Versus, che significa sia «versi» che «contro», colma con dolcezza una mancanza: «Dórmir’in su skuríu/ duña speránza mmia,/ benéi e ppigamindédda/ kústa mmalinkonía».