Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Sto per morire, datemi una casa»

Fonte: L'Unione Sarda
7 aprile 2010

Dopo gli scandali e una vita di lusso Davide Cabras malato e senza soldi chiede aiuto

La denuncia: gli amici di un tempo ora neanche mi salutano

Davide Cabras ex ras del quartiere La Palma non se la passa affatto bene. Malato e senza lavoro chiede una casa.
Non dorme in macchina perché non ce l'ha. Per Davide Cabras ex ras del quartiere La Palma sono finiti i tempi d'oro. Da quando è rimasto invischiato nel buco parrocchiale da mezzo milione di euro, che gli ha aperto anche le porte del carcere, feste, cene, auto di lusso e altro sono solo un lontano ricordo. I vecchi compagni di merende gli girano la faccia. Ha 46 anni e la cartella clinica di un ultra novantenne: cardiopatico, diabetico con sindrome depressiva, quasi cieco. Non sa dove dormire, ogni notte si arrangia come può: chiede ospitalità a qualche amico o aspetta l'alba sui marciapiedi di via Roma.
DALLE STELLE ALLE STALLE Davide Cabras era il leader del quartiere, finito nei guai (e poi scagionato) insieme all'ex parroco don Enrico. A capo di una macchina elettorale che guidava senza patente: procurava i voti a Forza Italia, ma non aveva la tessera del partito. Un portatore d'acqua, insomma, ma senza colore politico. Processioni, auto a noleggio, squadre di calcio e mille voti in cambio di offerte. Questo non è mai stato un problema, sino al giorno dello scandalo. Poi il declino, mille processi e altrettanti conoscenti che gli tolgono il saluto. Il carcere, la malattia, l'albergo dei poveri , la strada. Il presente remoto per Cabras, ex carabiniere, inizia l'anno scorso, dopo la scarcerazione. «Ho girato le prigioni di mezza Sardegna. In due mesi di galera il primo assaggio di cella è a Buoncammino. Dopo pochi giorni vengo trasferito a Iglesias, dove gli ex appartenenti alle forze dell'ordine dietro le sbarre non sono così mal visti. Da lì finisco nell'istituto di pena sassarese di San Sebastiano. Poi una mattina vomito sangue. Mi ricoverano all'ospedale». Dopo due mesi arrivano i tanto attesi arresti domiciliari. «Mica tanto attesi. Torno nell'appartamento di Quartu, come scritto nell'ordinanza del giudice, ma non riesco ad aprire la porta d'ingresso: il padrone di casa aveva cambiato la serratura. Ma non potevo stare in nessun altro posto. Chiamo i carabinieri, i vigili del fuoco e finalmente dormo sotto il mio tetto». Ma i guai sono appena iniziati. Il magistrato firma la revoca degli arresti domiciliari e puntuale arriva lo sfratto.
I VECCHI AMICI Davide Cabras che grazie a conoscenze riesce ad avere un trattamento di favore anche negli istituti di pena non è preoccupato. «Gli amici di Forza Italia che ho aiutato tempo fa non potranno certo negarmi una mano d'aiuto». Non è esattamente così. «Dopo aver bussato a tutte le porte di chi conta in città, mi fanno avere la sentenza: l'unica soluzione per te è l'albergo del povero in viale Fra Ignazio». Cabras accetta la sistemazione provvisoria, ma presto è costretto ad abbandonare la struttura comunale. «Il clima era insostenibile, sono stato anche aggredito». Botte e incomprensioni sono un dettaglio rispetto al vero motivo: le condizioni di salute.
IL BOLLETTINO MEDICO Davide Cabras si arrangia come può. Vive con un assegno di invalidità da 259 euro al mese «che spendo tutti in medicine». Farmaci e cure sono la sua vera preoccupazione. «Sino a giovedì scorso ero ricoverato in Rianimazione al Brotzu per le conseguenze di un infarto. Soffro di diabete, cardiopatia ipertensiva, morbo di Chron, lombosciatalgia e sindrome ansioso-depressiva. Una retinopatia mi ha fatto perdere la vista. Ditemi come posso vivere nella struttura comunale con queste patologie. Sono un handicappato in situazione di gravità, invalido civile al cento per cento. E non ho neanche il frigorifero dove conservare l'insulina. Anche il Brotzu ha certificato che devo risiedere in un ambiente idoneo sotto il profilo igienico alle sue condizioni di salute, possibilmente in ambiente isolato ». Cabras è disperato. «Ho scritto al sindaco, al presidente del Consiglio regionale, agli assessori comunali al Patrimonio e ai Servizi sociali. Tutti vecchi amici, ma niente. Neanche uno straccio di telefonata. So bene che in queste condizioni non vivrò a lungo, chiedo un alloggio, un posto in locanda. Un posto dove combattere le malattie».
LA REPLICA «Gli amici gli hanno voltato le spalle? Chiaro dopo quello che ha combinato». L'assessore comunale alle Politiche sociali Anselmo Piras è esplicito e passa subito ad analizzare il caso. «Non è competenza dei politici decidere il piano assistenziale dei bisognosi. Il compito spetta agli assistenti sociali, sono loro che fissano i parametri a seconda delle necessità. Così come è stato fatto con Cabras. In viale Fra Ignazio viveva in un mini appartamento con altre due persone. Riceveva anche i pasti in camera. Gli lavavamo anche la biancheria. Mi sembra un trattamento più che dignitoso. Sia ben chiaro - precisa Piras - non ci sarà alcun favoritismo. Ci sono regole fisse che vanno rispettate». Cabras sostiene che il Centro di solidarietà non è adatto alle sue condizioni di salute. «La struttura è pulita e controllata con scrupolo». E la richiesta di un appartamento o un posto in locanda? «Non se ne parla nemmeno».
ANDREA ARTIZZU

07/04/2010