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La Mutazione. Miracolo e tradimento nel dopo guerra italiano

12 gennaio 2009, 08:30
Il Crogiuolo.12 gennaio – 23 febbraio 2009, ore 21, Teatro Sant'Eulalia Cagliari. Ingresso libero.

Prosegue la programmazione della terza annualità del progetto “La Mutazione. Miracolo e tradimento nel dopo guerra italiano”, ideato da Mario Faticoni, con la sezione cinematografica “A morte i padri. Dall'utopia all'implosione: breve percorso attraverso il sessantotto in Italia” a cura del critico Gianni Olla.

Il primo appuntamento è fissato per lunedì 12 gennaio, ore 21, al Teatro Sant'Eulalia di Cagliari, con il film “Prima della rivoluzione” di Bernardo Bertolucci. A seguire sempre di lunedì alle 21 “I sovversivi” di Paolo e Vittorio Taviani (19 gennaio), “Teorema” di Pier Paolo Pasolini (26 gennaio), “La classe operaia va in paradiso” di Elio Petri (2 febbraio), “Dillinger è morto” di Marco Ferreri (9 febbraio), “Prova d'orchestra” di Federico Fellini (16 febbraio), “Tre fratelli” di Francesco Rosi (23 febbraio). L'ingresso alla proiezioni è gratuito.

<< Sessantotto: inizio e fine di un’utopia, largamente sognata, rappresentata, paventata. La trasformazione totale, definitiva, dell’umanità in un arco di possibilità che spesso facevano a pugni tra loro: le ultime suggestioni dell’esistenzialismo, il nichilismo, l’immaginazione al potere, la paura della dimensione moderna della vita sociale (consumistica) e l’accettazione inevitabile della stessa, la trasformazione sociale e politica di tipo riformista e il radicalismo rivoluzionario, l’antisistema (le istituzioni totali di Focault) e la progressiva accettazione di un mondo che comunque cambiava radicalmente. Nei comportamenti, nel costume, nella religione, nella politica.

Forse lo specchio più rappresentativo di quell’epoca è stato il cinema e, ovviamente, la televisione. Ma se la seconda è esplorabile retrospettivamente solo attraverso i ritagli cronachistici e documentaristici – servizi e inchieste sui campus americani, sul Vietnam, sul Black Power, sul maggio francese, sulle università e le fabbriche italiane – è nei film d’autore che, a partire dai primi anni Sessanta, si racconta di un mondo (esteriore e interiore) prossimo all’esplosione.

Naturalmente, i punti di vista possono essere radicalmente diversi, quasi contrapposti. Nel caso italiano – forse il più ricco, assieme a quello francese e all’est europeo – la voglia e la paura di cambiare, si agganciano inevitabilmente al grande tema della mutazione e ne costituiscono il punto critico.

Francesco Rosi, dopo aver raccontato la povertà e il riscatto del Meridione, con Tre fratelli (1981), riassume e chiude il lungo cammino verso una modernità che ha definitivamente cancellato la cultura contadina, lasciando terribili detriti (il terrorismo, la criminalità giovanile, il degrado metropolitano).

Tredici anni prima, in epoca già contestativa, Pasolini girava il suo film più antiutopico, Teorema – 1968, parabola della morte della borghesia, non già per cause rivoluzionarie (anzi il gesto del padrone che regala la fabbrica ai lavoratori segna la sconfitta anche del movimento operaio) ma semplicemente per pause mistico-religiose: un angelo (l’angelo della modernità) si appropria delle menti e dei corpi del protagonisti, spingendoli alla pazzia. Si salva solo la povera governante che torna al suo paese per essere venerata come una santa e perire “martirizzata” in una fabbrica.

Al pessimismo apocalittico-evangelico di Pasolini si potrebbe contrapporre l’utopia anarchica di Marco Ferreri. In Dillinger è morto - 1968 mostra infatti, con forme quasi beckettiane il vuoto e la noia del mondo benestante, dell’integrato totale alla Marcuse, facendo le prove del suicidio totale dei borghesi che affronterà in un film successivo, La grande abbuffata. Qui però la salvezza è ancora a portata di mano, sia nel gesto anarchico e quasi “pop” di sparare, cioè di uccidere le forme di vita borghesi, sia in quella di fuggire verso l’isola che non c’è a bordo di un veliero ottocentesco. Ferreri proponeva una tipica fuga d’artista, alla Gauguin o alla Stevenson.

Su un piano nettamente più politico, qualche anno prima Bernardo Bertolucci (Prima della rivoluzione - 1964 ) e i Fratelli Taviani (Sovversivi - 1967), raccontavano una sorta di rabbia impotente, non ancora incanalata verso l’utopia rivoluzionaria: una messa a morte dei padri, della famiglia, della società che pochi anni dopo avrà una teatralizzazione di massa. La stessa esplorata da Petri in La classe operaia va in paradiso (1972), che però si è trasformata in un vero inferno, da cui non si sfugge, né con la rivoluzione, né con l’integrazione consumistica, né con i gesti anarchici.

Infine Fellini, che non ha mai amato la modernità, né le utopie giovanili, mette un punto fermo, nel 1979, alle illusioni rivoluzionarie. In Prova d’orchestra evoca un mondo – non solo artistico – che non funziona più e che, dopo la catastrofe provocata da una diffusa anarchia, viene ricondotto alla ragione da un tiranno che, paradossalmente, sa farsi persino amare. Negativo, antirivoluzionario ma forse profetico.>>

Gianni Olla

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