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La Chiesa dei SS. MM. Giorgio e Caterina: dalla distruzione alla rinascita

Autore: Francesco Fuggetta,
21 novembre 2008, 11:41
Sono ancora tanti i cagliaritani che hanno scolpita nella memoria la data del 13 maggio 1943...

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1943: BOMBE SU CAGLIARI

Sono ancora tanti i cagliaritani che hanno scolpita nella memoria la data del 13 maggio 1943. Quel giorno la città fu colpita da un durissimo bombardamento alleato: tra le 13.35 e le 14.45 si susseguirono le incursioni dei bombardieri americani B17, scortati dai caccia “Lightning” P38. In tutto, 383 velivoli che scaricarono su Cagliari 893 bombe. Il centro storico, da via Garibaldi a via Manno, da via Roma al Corso Vittorio Emanuele, diventò un cumulo di macerie. Ma non era ancora finita: nella notte i bombardieri inglesi Vickers Wellington effettuarono un raid con bombe e spezzoni incendiari, e le poche case rimaste intatte furono rase al suolo. Il bollettino parlò di 10 morti e 56 feriti. Di sicuro il bilancio delle vittime fu assai superiore, ma comunque relativamente contenuto. La città, infatti, era quasi deserta già da marzo, quando decine di migliaia di “sfollati” lasciarono la città per rifugiarsi nei paesi vicini.

Una di quelle bombe centrò e distrusse completamente la chiesa dei SS. MM. Giorgio e Caterina, costruita alla fine del XVI secolo dall’Arciconfraternita dei Genovesi di Cagliari, che sorgeva nell’odierna via Manno, chiamata allora “Sa Costa”. I confratelli, tuttavia, non si scoraggiarono, e iniziarono a recuperare dalle macerie e a conservare tutto ciò che si era salvato dalla distruzione. Dell’antica chiesa oggi non rimane che una lapide a ricordare l’ingresso dell’oratorio, affissa dove ora si trovano i magazzini della Upim. Solo 15 anni dopo, nel 1958, la chiesa venne ricostruita alle pendici di Monte Urpinu: dichiarata parrocchia nel 1964, fu consacrata dall’arcivescovo Paolo Botto il 23 novembre del 1967.

1958: LA RICOSTRUZIONE

La nuova chiesa si presentò completamente diversa dall’antica, di gusto barocco. Gli architetti Marco Piloni e Francesco Giacchetti, con il loro stile innovativo, idearono un edificio a base ottagonale con arcate ellissoidali, ognuna delle quali racchiude una vetrata policroma di 120 metri quadri. L’artista Rolando Monti abbellì le vetrate raccontando la passione di Cristo con la tecnica del mosaico, adatta a produrre suggestivi giochi di luce. Dino Fantini, uno dei più grandi pittori sardi, decorò invece le pareti con quattro dipinti: “La Madonna che protegge Genova”, “Il martirio di Santa Caterina”, “San Giorgio che uccide il drago” e “I confratelli in abito da cerimonia”, che osservano le rovine dell’antica chiesa e il progetto della nuova. «Mio marito – ricorda Laura Elisa Fantini, la vedova dell’artista – lavorò intensamente dall’alto di un grosso ponteggio per lunghi mesi, utilizzando una tecnica particolare, monocromatica. Gli affreschi, infatti, sono stati realizzati con una soluzione di colore diluito in olio, steso da enormi “pennelli” (è impossibile trovarne in commercio di così grandi) che costruì egli stesso sulla base delle esigenze dettate di volta in volta dalla superficie e dall’ampiezza del segno».

Dall’originaria chiesa di via Manno fu salvato e posto sul frontone d’ingresso lo scudo della Serenissima Repubblica di Genova, sorretto da due grifi alati. Originali del XVI e XVII secolo sono anche i lampioni in legno dorato, il crocifisso ligneo, la croce con i canti decorati in argento e il tabernacolo di marmo con porticina in argento. Una preziosa reliquia fu recuperata dalle rovine e conservata nella cappella dedicata alla Vergine di Adamo. Si tratta di una piccola statua in corallo raffigurante la “Madonna del mare”, che venne ritrovata dal capitano genovese Adamo tra le valve di un mollusco. Il culto verso questa piccola statua era molto vivo: ad essa venivano attribuiti molti miracoli e da diverse parti della Sardegna i fedeli si recavano in pellegrinaggio nella chiesa per chiedere una grazia alla Madonnina.

Da ricordare, sopra una colonna salvata dalla chiesa di via Manno, una roccia del Montegrappa donata dagli Alpini per commemorare i caduti della Sardegna. La prima cappella a destra dell’ingresso, infine, è dedicata agli aviatori e alla loro protettrice, la Madonna di Loreto, rappresentata da una statua nera in ceramica.

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