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I trent'anni di Maria Loi

Autore: Fabio Marceddu,
2 febbraio 2015, 10:44
Nuovo debutto per La chiave dell'ascensore

Per chi è abituato a lavorare giorno dopo giorno, la chiave del talento sta nella ripetizione costante e nel lavorio continuo che anela verso la perfezione.

Questo per la mancanza di repliche a molti professionisti è negato, ma altri nonostante per cause di forza maggiore hanno visto rarefarsi le loro apparizioni sui palchi cittadini, loro malgrado, riescono ad essere in acting pronte a dare il meglio di sé sulla scena.

Maria Loi, attrice Cagliaritana con trent'anni di carriera alle spalle è una di quelle; la più giovane fra le più vecchie attrici di “seconda generazione”.

L'ossimoro convive nel suo volto bambinesco (che a tratti ricorda Gelsomina de La Strada di Fellini) e sognatore, e una sensualità imperante che rimanda alle grandi signore del cinema degli anni 50.

Il tempo sembra essersi fermato su di lei, e sul suo corpo di “femmina” acerba.

Tutt'altro che acerbo è il suo essere attrice, che la vede muovere i suoi primi passi nel 1984, dove comincia con un corso di dizione presso la cooperativa Teatro e Musica.

Da allora ha lavorato con tutti i registi dell'isola (salvo rare eccezioni), da Dario Fo a Carlo Quartucci, da Gaetano Marino e Senio Dattena; dando prova delle sue alte qualità recitative, a cui si aggiungono le competenze in campo musicale e coreutico.

Con Senio Dattena ha per più di dieci anni condiviso il suo percorso artistico nel rimpianto Spazio del Palazzo D'inverno (spazio storico dalle ridotte dimensioni caratterizzato da una programmazione coraggiosa e di alto valore artistico) per poi fondare il Teatro Barbaro, che di barbaro mantiene solo la rabbia e l'impeto, in quanto Maria è un' attrice di gran classe.

Una classe che ha calcato tutti i palcoscenici Cagliaritani (e non solo, anche nazionali e internazionali), ed ha anche dato lustro alla nuova cinematografia sarda a Venezia: Maria è una delle co-protagoniste nella pluripremiata pellicola di Salvatore Mereu Bellas Mariposas.

La sua arte leggera e densa allo stesso tempo, la sua voce duttile salta da sonorità altissime e profonde, con una rara eleganza mai scontata, la sua voce nobile e plebea si muove fra registri linguistici alti e popolari (domina diverse varianti linguistiche sarde).

Il suo mondo somiglia a tratti al mondo raccontato dalla Donna di Agota Kristof dove:

Nonostante attorno a lei tutto muoia, suo marito, la natura, l’amore, ebbene vi è ancora, in qualche modo, da qualche parte, qualcosa che rassomiglia terribilmente alla vita. Forse solo il dolore. L’amarezza per quello che avremmo potuto e non abbiamo saputo essere. Le lacrime trattenute. La consapevolezza della nostra inutilità. La nostalgia.

La nostalgia. Dolore profondo e lagrimoso ci dice che in qualche modo siamo vivi. Ci dice che non è vero che la vita sia assenza di dolore ma che al contrario, spesso sia proprio il dolore a ripeterci, magari disperatamente, che siamo ancora vivi, e il grido finale: tutto gli voglio dire ..... . Ascoltatemi...... è, quindi, forse, un ultimo, disperato, grido di speranza.

Questo mondo torna prepotentemente Venerdì 6 febbraio al Teatro Civico di Sinnai, nell'attesa di poter essere replicato in tutti i maggiori teatri di Cagliari e delle Penisola.

La Chiave sta nella bellezza, e la bellezza è sempre dannatamente salvifica.

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