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"La povertà in Sardegna" – i risultati del nuovo report di ricerca

Autore: Federica Landis,
13 novembre 2014, 12:27
È stato presentato ieri il nuovo rapporto di ricerca sulla povertà in Sardegna, realizzato dalla Fondazione Zancan per il CSV Sardegna Solidale
Da sinistra: Don Marco Lai, Bruno Loviselli, Tiziano Vecchiato e Gian Piero Farru

A distanza di tre anni dal precedente report di ricerca, il CSV (Centro di Servizio per il Volontariato) Sardegna Solidale ha presentato ieri i risultati di un nuovo studio condotto, come il precedente, dal Centro studi e ricerca sociale Fondazione Emanuela Zancan Onlus.

Perché, dunque, studiare la povertà in Sardegna, oggi? Conoscere in modo approfondito la natura e gli aspetti di un problema aiuta sicuramente a contrastarlo con più efficacia.
Con l'obiettivo di mettere in luce le forme che la povertà assume in Sardegna, il rapporto di ricerca rivela prima di tutto che questo disagio sociale ne nasconde degli altri che riguardano ad esempio la disoccupazione, in particolare quella giovanile, la fragilità dei legami familiari alla quale spesso si lega la povertà minorile, la condizione di solitudine nella quale vivono molti anziani e il disagio abitativo delle famiglie.

Ma chi sono i poveri in Sardegna? E quale può essere il contributo del volontariato in Sardegna per combattere la povertà?
Fare un'analisi della povertà nella nostra regione significa individuare prima di tutto i fattori che contribuiscono a crearla e farla crescere e, contestualmente, mettere in luce il disagio sociale che la povertà stessa crea territorio per territorio. Di fronte ai dati negativi che la ricerca ha fatto emergere, il report diventa, allora, uno strumento di lavoro che può e deve essere utile soprattutto a coloro che intervengono quotidianamente per arginare e provare a risolvere caso per caso questa piaga sociale.

«La povertà non è un accadimento naturale ma è il risultato di politiche sbagliate» sostiene Giampiero Farru – Presidente del CSV Sardegna Solidale. Da qui allora si deve partire per ricostruire le origini e gli sviluppi di un disagio che non si identifica soltanto nella mancanza di reddito. La povertà attiva un meccanismo che trascina via la speranza e l'ingegno delle persone, conducendole giù verso il baratro della depressione e di tanti altri disagi sociali ad essa legati.

«Essere poveri – dice Tiziano Vecchiato, Direttore della Fondazione Zancan – non è solo non avere soldi, ma è una sovrapposizione di fattori - pesi che moltiplicano la fatica ad andare avanti».
Elargire del denaro come strumento di constrasto della povertà, allora, non è efficace e non risolve i problemi. Ne crea, invece, degli altri nel momento in cui il sostegno economico fine a se stesso fossilizza lo status delle famiglie povere e le fa vivere intorno a quel sussidio economico.

A questo proposito Don Marco Lai – Direttore regionale della Caritas – ha ricordato come spesso di fronte ad un grave bisogno economico si cerchi spesso una risposta facile che fa nascere però un altro disagio: la ludopatia.

Per rompere questa catena occorre far maturare nei cittadini e soprattutto nelle istituzioni una certa consapevolezza sulla povertà che crei più responsabilità di fronte ai diritti di tutti. Il volontariato entra allora in gioco grazie alla sua capacità di mediazione tra istituzioni e cittadini in difficoltà e alla sua conoscenza approfondita dei territori nei quali interviene. Deve quindi avvenire un incontro di responsabilità tra chi aiuta e chi è aiutato, nel momento in cui vi è la necessità di diffondere una nuova pedagogia, un sistema di ri-formazione della persona in situazione di disagio che impara, rinnovandosi, ad autogestirsi e ad uscire da questa condizione socialmente svantaggiata. All'aiuto economico devono affiancarsi costantemente la sua motivazione e il suo fine, che deve essere il rendimento sociale. In questo senso occorre che si mettano in atto delle strategie di Welfare generativo che permettano a coloro che vengono aiutati di non diventare dei semplici "assistiti" ma degli individui che attraverso l'aiuto economico e formativo ricevuto, possano riacquistare dignità e fiducia nel proprio futuro. Nel percorso di ricerca di riscatto da una situazione di difficoltà economica – ricorda Bruno Loviselli, Presidente Co.Ge Sardegna - si può intraprendere anche la strada del microcredito che dà respiro alle famiglie e aiuta a rigenerare attivamente la persona.

Gli interventi che le istituzioni devono attuare non possono prescindere, secondo Tiziano Vecchiato, da un'attivazione del capitale sociale del volontariato che è in grado di intervenire capillarmente, condividendo le capacità, le risorse e le responsabilità. I risultati dello studio diventano, allora, le chiavi per intervenire nel presente, in un territorio come la Sardegna che, nonostante la maggiore disponibilità di risorse rispetto ad altre regioni italiane, non riesce a liberarsi da questa piaga sociale. 

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