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“L'Impresario delle Smirne” di Carlo Goldoni al Teatro Massimo di Cagliari

31 marzo 2014, 09:47
Debutta mercoledì 2 aprile alle 20.30 in prima regionale con regia di Roberto Valerio: la commedia, nel cartellone de “La Grande Prosa al Teatro Massimo” firmata CeDAC racconta le (dis)avventure di una compagnia di artisti della scena alle prese con impresari senza scrupoli, in un esilarante e coinvolgente affresco di varia umanità. Regista e compagnia incontrano il pubblico venerdì 4 aprile alla Mem, con ingresso libero.
L'Impresario delle Smirne

Viaggio dietro le quinte del teatro dell'opera – tra piccole invidie e rivalità, talento, sogni e ambizioni degli artisti della scena – con “L'Impresario delle Smirne” di Carlo Goldoni, in cartellone da mercoledì 2 a domenica 6 aprile al Teatro Massimo di Cagliari (da mercoledì a sabato alle 20.30 (turni A,B,C,D), domenica alle 19 (turno E), e giovedì 3 aprile alle 17 anche la recita pomeridiana del Turno P) per la stagione 2013-14 de “La Grande Prosa al Teatro Massimo” firmata CeDAC,  nell'allestimento dell'Associazione Teatrale Pistoiese/ in collaborazione con Valzer Srl, con la regia di Roberto Valerio.

L'attore e regista – tra i più interessanti della scena italiana contemporanea – e la compagnia incontreranno il pubblico  venerdì 4 aprile alle 17.30 alla MEM/Mediateca del Mediterraneo di Cagliari, per un nuovo appuntamento con “Oltre la Scena/ Gli attori raccontano...” ( ingresso libero fino a esaurimento posti).

La tournée nell'Isola proseguirà lunedì 7 e martedì 8 aprile alle 21 al Nuovo Teatro Comunale di Sassari per un duplice appuntamento in seno alla Stagione del CeDAC (nell'ambito del XXXIV Circuito Teatrale Regionale Sardo).

La commedia del grande veneziano racconta – con ironia e perfetta conoscenza del mondo dello spettacolo – un microcosmo formato da cantanti lirici (o aspiranti tali) e musicisti, aristocratici mecenati e impresari senza scrupoli: il miraggio di una tournée in Oriente scatena entusiasmi e gelosie, in una frenesia di preparativi tra vezzi da primedonne e tentativi di strappare un compenso “adeguato”. Tra le righe, oltre il raffinato gioco delle apparenze in cui ciascuno – e ciascuna – cerca di mostrarsi  al meglio, senza risparmiar critiche a possibili rivali, s'intuiscono le difficoltà del quotidiano, la fame e la miseria, i compromessi tra la pura arte e la necessità di sopravvivere, fino al  coup de théâtre finale che scompiglia di nuovo le carte del destino.
Un vivido affresco dell'Italia del Settecento che appare attualissimo ancor oggi, in una società in cui i professionisti della scena – cantanti e musicisti, ma anche attori, registi, scenografi e costumisti – devono ingegnarsi ogni volta per trovare scritture e soprattutto committenti in grado di sostenere le spese e rendere possibile la magia del teatro.
La pièce svela i fragili equilibri, le simpatie e le antipatie, i feroci antagonismi tra i personaggi, in uno spaccato di varia umanità da cui emergono dubbi e insicurezze di chi ogni giorno è costretto a mettersi alla prova davanti a un pubblico (a patto di trovarlo un pubblico) e al piacere degli applausi vede contrapporsi la paura dell'insuccesso. Quando l'intera esistenza è legata a un filo (di note o di parole) basta un mutamento del gusto e delle mode, la rovina di un mecenate o il fallimento di un impresario a mettere in forse ogni conquista e ogni pretesa di stabilità. Il fascino della vita nomade e l'emozione della ribalta comportano un prezzo abbastanza alto da pagare, e lo studio e l'impegno indispensabili per perfezionarsi in un'arte – come il talento, più del quale spesso vale l'avvenenza – non bastano a garantire la riuscita di una carriera.
La cifra lieve della commedia mette l'accento più sugli aspetti buffi e grotteschi, permette di ridere e sorridere delle stravaganze dei personaggi, di riconoscersi ma non troppo in vizi e virtù, pregi e difetti dell'uno o dell'altra per una riflessione su ciò che in fondo è solo umano, troppo umano.

“L'Impresario delle Smirne” diventa, necessariamente, un intrigante spettacolo metateatrale, un coinvolgente e divertente gioco di teatro nel teatro, in cui gli attori interpretano quasi dei loro alter ego, sia pure più spiccatamente “canori”. Insieme a una sapida galleria di ritratti, dai divi del belcanto (o presunti tali) ai loro ammiratori, per non dire di musicisti e organizzatori, va in scena la vita degli artisti, con le questioni sempre attuali sul prezzo della fama e del successo, la necessità di conciliare etica ed estetica dell'arte con il gusto e la sensibilità del pubblico (o della committenza).

Sotto i riflettori un'affiatata compagnia: accanto a Roberto Valerio (che firma adattamento e regia), spiccano i nomi di Valentina Sperlì, Antonino Iuorio e Nicola Rignanese, con Massimo Grigò e Federica Bern, Alessandro Federico, Chiara Degani e Peter Weyel. Le scenografie sono di  Giorgio Gori, i costumi di Lucia Mariani e le luci di Emiliano Pona.

“L'Impresario delle Smirne” andò in scena – per dieci sere di seguito – al Teatro San Luca di Venezia nel 1579, inaugurando la stagione del Carnevale del 1760. L'originale era in versi martelliani, ridotti in prosa nella versione a stampa dell'edizione Pasquali (con rinuncia alle caratterizzazioni dialettali delle tre cantanti: la fiorentina Lucrezia, la bolognese Annina e la veneziana Tognina). La gustosa parodia del mondo del belcanto e del teatro d'opera venne apprezzata dal pubblico della città lagunare, con la sua stravagante fauna di “virtuose” e improbabili tenori, di presunti poeti, di musicisti e impresari, e potenziali mecenati (più interessati alle grazie delle cantanti che all'arte).

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